martedì 8 gennaio 2008

La Confraternita del Sacro Latte





Museo della Collegiata di S. Lorenzo a Montevarchi



di Rossella Tarchi

Già nel 1951 Ugo Procacci, allora Soprintendente alle Gallerie di Firenze, Arezzo e Pistoia, aveva proposto di creare a Montevarchi un Museo che accogliesse il cospicuo corredo liturgico della Collegiata di S. Lorenzo: il progetto nasceva anche dall’esigenza di ricostruire il tempietto robbiano, smantellato e parzialmente manomesso nel XVII secolo. Ma solo nel 1973 vennero inaugurate le due sale che compongono tutt’oggi il Museo.

La preziosa raccolta di opere e di oggetti d’arte esposti nel Museo di Montevarchi appartiene - in particolare - ad una istituzione legata alla Collegiata di S. Lorenzo: la Fraternita del Sacro Latte, una congregazione laica di uomini e donne che aveva il compito di custodire la reliquia del Sacro Latte: una goccia di latte cristallizzata che si credeva caduta dalle labbra di Gesù Bambino durante la fuga in Egitto. La reliquia era stata donata alla chiesa di S. Lorenzo dal conte Guido Guerra dei conti Guidi, come compenso dell’aiuto dato a Carlo d’Angiò nella battaglia di Benevento (1266) contro il re svevo Manfredi. Oltre a custodire la reliquia, la Fraternita aveva anche il compito di promuoverne il culto e di organizzare la festa annuale in onore della Madonna (8 settembre) che durava tre giorni e durante la quale si svolgevano solenni funzioni liturgiche e manifestazioni di tipo popolare, come la rappresentazione delle Corporazioni delle Arti, che, nella piazza antistante la chiesa, mettevano in scena il proprio mestiere. Ancora oggi, nonostante la scomparsa della congregazione, la festa della Madonna, detta “del Perdono”, vede la grande partecipazione del popolo alla processione della reliquia del Sacro Latte.

L’accesso al Museo avviene dalla chiesa, alla destra della cappella maggiore. Nella prima sala a destra, una vetrina espone tre codici miniati (primi del XIV sec.) opere del Maestro Daddesco (codice C e B) e del Maestro del Laudario (codice A e B). Sopra serie di tre cartaglorie (seconda metà del XVII sec.) commissionate dalla Fraternita del Latte, con cornice in lamina d’argento decorata da palmette e foglie d’acanto; in quella centrale la cornice è arricchita da un medaglione sbalzato e cesellato con l’immagine della Madonna col Bambino. Sulla parete, in alto, affresco staccato con sinopia, dal chiostro della chiesa di S. Andrea a Cennato, raffiguranti la Madonna col Bambino e santi (scuola toscana, XIV sec.).

Al centro della sala è collocata una portantina di legno scolpito e dorato, datata 1731, riccamente decorata con teste di cherubini, stemmi e cartigli, che serviva per portare in processione le reliquie di San Cesareo martire, del quale è rappresentato, nel dipinto sopra la porta d’ingresso al Museo, Il martirio del Santo che protegge Montevarchi dalla grandine (1666). Accanto, il reliquiario che conteneva la reliquia del Sacro Latte, di legno dorato a forma di tempietto esagonale con sportellini dipinti, opera del pittore fiorentino Giovanni del Brina (1567), collaboratore del Vasari. Sui sei sportellini, divisi da colonnine scanalate, sono raffigurati la Madonna col Bambino, San Lorenzo, Sant’Andrea apostolo, San Michele arcangelo, San Macario (patrono di Montevarchi), con tonaca da abate e nella mano sinistra un teschio, simbolo della meditazione e dell’eremitaggio, e San Luigi IX, con abito regale, corona sulla testa e scettro con giglio, simbolo della casa di Francia.

Segue un’altra portantina che serviva al trasporto del Reliquiario del Sacro Latte, realizzata da abili intagliatori e riccamente decorata con quattro putti a tutto tondo e motivi vegetali. Sopra è collocato il reliquiario realizzato nel 1630 dall’orafo fiorentino Michele Genovini e che venne a sostituire quello cinquecentesco del Brina. Il manufatto fu commissionato dal duca Jacopo Salviati e da sua moglie Veronica Cybo, e fu rimaneggiato nel 1709, ad opera di Massimiliano Soldani Benzi. Il reliquiario è a forma di tempietto in legno d’ebano intagliato e decorazioni in argento: sul lato anteriore è raffigurato lo stemma Salviati e la Madonna col Bambino, sul retro San Lorenzo.

Sulla parete destra della porta d’ingresso grande affresco staccato proveniente dalla chiesa di Cennano, con la Madonna in trono e i santi Lucia, Andrea, Giovanni apostolo (quasi del tutto illeggibile) e un Santo cavaliere; negli sguanci San Francesco d’Assisi e una Santa martire, nella lunetta l’Adorazione dei pastori. L’opera è attribuita a Luberto da Montevarchi detto il Montevarchi, artista attivo agli inizi del XVI secolo. Sotto è collocato un paliotto in scagliola colorata (manifattura toscana, XVII sec.) con decori vegetali e cornice di fiori e foglie.

Sulla stessa parete troviamo un altro affresco raffigurante la Madonna con due angeli di scuola fiorentina della fine del XIV secolo, staccato da una cappellina situata nel borgo detto “del Lavacchio”. Sotto bella acquasantiera di marmo con vasca decorata a motivi vegetali (manifattura toscana, XV-XVI sec.) e volto della Sindone in bronzo di Ernesto Galeffi (1984).

Un’intera parete, quella di fondo, è dedicata all’esposizione delle pianete: troviamo esemplari di varie epoche e manifatture, fra le quali spicca una pianeta appartenuta alla Fraternita, di velluto rosso controtagliato con tipico disegno a tralcio con fiore di cardo (o melagrana) racchiuso in un ovale (manifattura fiorentina, XVI sec.). Sopra la vetrina, dipinto a olio su tela di scuola fiorentina del XVII secolo, raffigurante la Trinità e i santi Domenico e Francesco. Sulle due porte di accesso al corridoio troviamo altre due tele, ambedue provenienti dalla chiesa di Cennano, di ignoto pittore settecentesco, raffiguranti un Santo monaco e Dio Padre e la colomba dello Spirito Santo.

La grande vetrina che separa la prima sala dal corridoio che immette nella seconda, espone le suppellettili più preziose, alcune delle quali veri e propri capolavori dell’oreficeria fiorentina del XVI e XVII secolo. Nella vetrina di destra troviamo alcuni reliquiari, fra i quali uno a tempietto in argento con parti dorate, nodo piriforme e coppa decorata da baccellature sbalzate e cesellate di manifattura toscana della prima metà del XVII secolo. Al centro il Busto-reliquiario di una vergine, commissionato dalla Fraternita, opera pregevole dell’orafo fiorentino Simone Pignoni (1593), dove la giovinetta è raffigurata con veste e mantello fermato sul davanti da un ovale con il monogramma bernardiniano. Sono inoltre esposti due turiboli, una navicella, un secchiello per l’acqua benedetta, tutti del XVIII secolo, due piattini in ottone, un ostensorio degli inizi del XIX secolo e due recipienti che servivano ai membri della Fraternita per le votazioni segrete.

Nella vetrina centrale campeggia la bellissima e preziosa croce processionale (1551-1552), in argento sbalzato e cesellato, di Pietro di Martino Spigliati. Commissionata dalla Fraternita del Latte, come attestato dall’iscrizione sul recto della formella ai piedi del Cristo, alla quale corrisponde sul verso lo stemma di Montevarchi, la croce è un autentico capolavoro dell’arte orafa del XVI secolo per l’eccezionale qualità artistica e tecnica. Lo Spigliati era stato aiuto di Benvenuto Cellini dal quale aveva appreso la tecnica della cesellatura in oro ed in argento, che il grande orafo fiorentino riteneva la tecnica dell’oreficeria più degna di essere accostata a pittura, scultura e architettura. La croce presenta caratteri iconografici singolari: nelle dodici formelle quadrilobate, con terminali a forma di infiorescenza, sono raffigurate scene del Nuovo e dell’Antico Testamento, anziché le più consuete figure degli Evangelisti e dei simboli eucaristici. Del Nuovo Testamento vi sono (sul recto), in alto, La Resurrezione, a sinistra L’Ultima Cena, a destra L’orazione nell’orto, in basso La Natività, nella formella centrale dietro il Cristo, dall’Antico Testamento, Dio Padre che separa la luce dalle tenebre. Sul verso troviamo, in alto, la Creazione di Adamo ed Eva, a sinistra la Tentazione e il Peccato originale, a destra Caino uccide Abele, al centro il Lavoro umano e La stirpe di Adamo ed Eva, in basso il Sacrificio di Isacco, tutti episodi tratti dall’Antico Testamento.

Il complesso apparato iconografico ripercorre il percorso dell’umanità verso la Salvezza: dal peccato originale alla venuta salvifica di Cristo nella storia. Le singole scene sono rappresentate magistralmente, con evidenti richiami alla scultura e alla pittura dei grandi artisti del Cinquecento da Michelangelo (in particolare nella formella con Dio Padre che separa la luce dalle tenebre) a Raffaello.

Ai lati della splendida croce dello Spigliati vi sono due croci astili, ambedue di scuola toscana del XIV secolo, in rame dorato e Cristo a fusione. In particolare quella di sinistra presenta al centro quattro piccole sfere di cristallo e terminali quadrilobati con incise le figure di Maria Vergine, San Giovanni evangelista, il pellicano che nutre i suoi piccoli (in alto) simbolo del sacrificio di Cristo e il teschio di Adamo (in basso), allusione alla Crocifissione. E, ancora, un calice in argento dalla barocca decorazione a foglie d’acanto e teste di cherubino (manifattura fiorentina, XVII sec.), un altro calice in argento dorato, con parti a fusione, piede e nodo decorati a testine di cherubini e coppa con i Simboli della Passione.

Nella vetrina di sinistra sono esposti alcuni calici del XVII-XVIII secolo fra i quali un calice (XVIII sec.) commissionato dal canonico Giovanni Battista Pasquali; uno in argento sbalzato, cesellato e inciso (XVII sec.) e uno, datato 1755, con nodo a sezione triangolare, ambedue con sottocoppa decorata dai Simboli della Passione. Troviamo poi una pisside della fine del XVIII secolo, un ostensorio (XVIII sec.) con raggiera e teste di cherubini, una brocca in argento (XIX sec.) una navicella commissionata dalla Fraternita del Latte (XVIII sec.). Al centro della vetrina, libro liturgico con legatura di velluto rosso e applicazioni in argento, nella placchetta centrale è raffigurata la Madonna col Bambino (XVIII sec.). E, ancora, una palmatoria (XIX sec.), una coppia di ampolle in vetro soffiato e lamina d’argento e un secchiello (XIX sec.).

Nel piccolo corridoio che dà accesso alla seconda sala troviamo una grande vetrina dove sono raccolti numerosi reliquiari lignei in gran parte del XVIII secolo, di tipologie molto diffuse in Toscana in questo periodo (a urna e a ostensorio) e due paliotti uno in velluto rosso con disegno a maglie ogivali e due tipi di fiori di cardo (XVI sec.) e uno in teletta d’oro e velluto controtagliato (inizi XVII sec.) con motivo a ogive con infiorescenze. Sulla parete di fondo del corridoio, Crocifisso ligneo del XVIII secolo.

Si accede quindi alla seconda sala che conserva il bellissimo tempietto della fine del XV secolo, decorato con terracotte invetriate da Andrea Della Robbia. Questo autentico gioiello dell’architettura rinascimentale fu costruito su commissione della Fraternita del Sacro Latte, per conservare la reliquia del Latte della Beata Maria Vergine. L’edicola fu collocata nella navata destra della prioria di S. Lorenzo (divenne collegiata solo nel 1561 con bolla di Pio IV), ma nel 1706, alla ripresa dei lavori di ristrutturazione della chiesa, interrotti nel 1648, fu decretata la demolizione del tempietto perché in contrasto con il nuovo stile settecentesco della chiesa.

Il tabernacolo di legno con il bassorilievo raffigurante la Madonna del Latte (XV sec., tutt’oggi visibile) fu trasferito sopra l’altare maggiore e le robbiane murate sulle pareti della nuova sagrestia. I rilievi furono rimontati su una struttura architettonica che riproduce fedelmente l’originale demolito nel Settecento e questo grazie al ritrovamento, nell’archivio parrocchiale, di alcuni disegni acquerellati con il prospetto del tempietto prima delle ristrutturazioni del 1706, ed ora esposti in questa stessa sala (parete destra). Il tempietto presenta una decorazione in terracotta nella quale prevalgono il bianco e l’azzurro: ha soffitto a cassettoni con rosoni e il fregio delle architravi propone una teoria di trentaquattro cherubini. Le colonne sulle quali sono poggiate la trabeazione e la cornice superiore presentano capitelli corinzi. La pala d’altare è spartita in diverse parti: al centro la copia della Madonna del Latte, a sinistra San Giovanni Battista, a destra San Sebastiano. I due santi sono inseriti in delle nicchie con lesene decorate a candelabre (vasi ansati da cui partono mazzi di fiori e frutta) che conferiscono, attraverso l’uso del verde e del giallo, una nota di colore alla spiccata bicromia dell’edicola. Sotto questo gruppo Predella con grata e angeli oranti in volo (attraverso questa grata si poteva intravedere la reliquia del Sacro Latte) e il bellissimo paliotto raffigurante la Pietà.

In questa stessa sala si possono ammirare altre terracotte. Sulla parete destra sono murati alcuni frammenti di un paliotto (bottega dei Della Robbia), con decori fitomorfi bianchi e blu, che imitano un drappeggio; a fianco, proveniente dalla facciata della primitiva chiesa di S. Lorenzo, un bassorilievo di pietra con il Martirio di San Lorenzo (datato 1283). Sulla parete opposta è collocato il grande fregio con la consegna della Reliquia del Sacro Latte da parte di Guido Guerra alla comunità di Montevarchi (fine XV-inizi XVI sec.). La raffigurazione è assai complessa ed affollata: partendo da sinistra sono rappresentati dei cavalieri al seguito del conte, il quale è inginocchiato al centro, sotto il baldacchino, e porge al priore di S. Lorenzo la reliquia della Madonna. Intorno folla di sacerdoti, nobili, dame, dignitari, dalle fisionomie fortemente caratterizzate, e, infine, sulla destra la processione con il clero mentre sta per varcare le mura della città. Ai lati del fregio stemmi di Montevarchi (inizi XVI sec.): sei monti verdi in campo rosso sormontati da un rastrello con tre gigli dorati detto “capo d’Angiò”, simbolo questo concesso solo a quelle famiglie o a quelle comunità che dimostravano fedeltà alla casa d’Angiò e alla Parte Guelfa.

Completano la sala due dipinti su tela del XVII secolo. Il primo raffigurante un ritratto di guerriero, con corazza e nella mano sinistra uno scettro; l’altro riproduce l’albero genealogico dei conti Guidi, sulla base di quello realizzato da Scipione Ammirato nella sua Storia dei Conti Guidi.



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Il reliquiario del Sacro Latte

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