sabato 16 agosto 2008

Ultima ostensione in Cattedrale per la sacra Cintola


Ultima ostensione in Cattedrale per la sacra Cintola. A settembre la vecchia teca esposta al Museo dell'Opera

La Nazione, Ferragosto - Il 15 agosto i fedeli, radunati in Duomo assisteranno per l'ultima volta all'Ostensione solenne effettuata dal Vescovo. Dall' 8 settembre infatti la Cintola verrà spostata dalla vecchia alla nuova teca commissionata al famoso orafo Giacomo Babetto. Dopo il restauro la vecchia teca sarà esposta nel Museo dell'Opera del Duomo

Prato, 14 agosto 2008 - Sarà un’Ostensione storica quella in programma, secondo antica tradizione, a Ferragosto per celebrare l’Assunzione di Maria. Il vescovo Simoni si affaccerà dal pulpito di Donatello mostrando per l’ultima volta l’antico reliquiario seicentesco. L’8 settembre si cambia: avverrà la traslazione della Cintola dalla vecchia alla nuova teca, commissionata al padovano Giacomo Babetto, uno dei più grandi artisti orafi italiani. Proprio in questi giorni Babetto, nel suo studio di Arqua Petrarca, sta ultimando il reliquiario, commissionatogli congiuntamente dal Comune di Prato e dal Capitolo della Cattedrale, comproprietari da secoli della reliquia simbolo religioso e civile di Prato.

L'opera d’arte seicentesca si stava deteriorando in modo preoccupante, tanto da costringere la proprietà, acquisito il parere della Soprintendenza e dell’Opificio delle Pietre Dure, a prendere la decisione di sostituirla. Da settembre la vecchia teca, insieme alla 'scatola' d’argento che la contiene, sarà in restauro; successivamente sarà esposta nel Museo dell’Opera del Duomo. L’Ostensione di Santa Maria, come viene chiamata tradizionalmente la ricorrenza del 15, è la terza dell’anno. Pur nella città semideserta, il duomo si riempie ogni anno di fedeli per venerare la Sacra Cintola in quella che è la festa mariana più importante dell’anno.


L’appuntamento con il rito solenne è per le 17: in cattedrale viene recitato il rosario, a cui segue il canto solenne dei vespri; alle 18 il vescovo si recherà nella Cappella per estrarre la reliquia - secondo la secolare tradizione - dal cofano dell’altare che la conserva gelosamente; poi, dopo averla incensata, la mostrerà per tre volte prima all’interno della cattedrale dalla loggia del Ghirlandaio e, successivamente, dal pulpito di Donatello ai fedeli in piazza. Sarà presente, come tradizione, una rappresentanza ufficiale dell’amministrazione Comunale. Al termine dell’Ostensione, il vescovo celebrerà in duomo la messa solenne.
L’Ostensione dell’Assunta è una delle cinque «canoniche» che si tengono durante l’anno.

Tra il Sacro Cingolo e l’Assunzione di Maria esiste un legame particolare: venerata come «icona» dell’incarnazione e della verginità di Maria, la reliquia fu donata (così tramanda la tradizione orientale) a San Tommaso dalla Madonna stessa, proprio mentre saliva al cielo.Secondo lo scritto apocrifo dello Pseudo-Giuseppe d’Arimatea, era il ricordo che l’Assunta donò all’unico apostolo che mancava al momento della sua glorificazione. E proprio la reliquia pratese ha lasciato un’impronta inconfondibile nella storia dell’arte: per tre secoli, dal Trecento fino al Rinascimento più maturo, l’iconografia dell’Assunzione di Maria ha sempre previsto il dono della Cintura a San Tommaso.

lunedì 26 maggio 2008

Il giallo del graal di Padre Pio


Una coppa misteriosa, che sarebbe appartenuta a San Pietro e rappresenterebbe un «dono di Dio» a San Francesco poi trasmesso a Padre Pio. Una lettera manoscritta con passaggi criptici, vergata con calligrafia chiara e giovanile dal santo stimmatizzato quando questi in realtà era ormai alla fine della sua vita, che attesta l’autenticità del vaso definendolo «in me Segreto» e «testimone di immensa luce». Un regista con interessi nel mondo dello spiritismo, pronipote del medico che curò Padre Pio, che si dichiara perseguitato e teme di essere messo a tacere dopo aver tentato in tutti i modi di raccontare la storia del graal. No, non state leggendo la trama di un nuovo thriller fantareligioso ma una storia approdata a «Striscia la notizia», il tg satirico di Canale 5.

Il protagonista si chiama Al (diminutivo di Alberto) Festa, regista cinematografico, 50 anni, parente di Giorgio Festa, il dottore che operò Padre Pio e ne esaminò le stimmate scrivendo una dettagliata relazione. A «Striscia», martedì scorso, Festa, basandosi su alcune foto della sepoltura del frate, ha dapprima sollevato dubbi su una possibile manomissione del corpo, facendo notare come i sigilli originali non figurassero sul vetro al momento della riesumazione e raccontando persino la «voce» di un presunto trasferimento delle spoglie in Vaticano. Su questo argomento i frati di San Giovanni Rotondo non hanno avuto problemi a chiarire, smentire e puntualizzare: nei giorni dell’esposizione del corpo, prima dei funerali, vennero eseguite varie ispezioni e un cambio di bara. Così, subito prima della tumulazione, i sigilli l’ultima volta vennero apposti non sul coperchio di vetro, ma sulla cassa di metallo, dove sono rimasti fino al 2 marzo scorso. Nessun mistero, nessun trafugamento, nessun segreto celato negli scantinati vaticani.

Ai microfoni di «Striscia», Alberto Festa ha però rilanciato anche la storia della lettera e del possibile «santo graal» di Padre Pio, da lui già annunciata con conferenza stampa il 26 novembre 2003, quando definì il vasetto «di incredibile importanza». In questi anni si era sempre creduto che Festa avesse trovato il graal, e la lettera che lo autenticava scritta da Padre Pio, tra gli oggetti del prozio, medico del frate.

In realtà le cose non sono andate proprio così. Si è trattato di un acquisto, per un valore di circa 75mila euro. Da un atto di citazione depositato al tribunale di Roma in data 12 gennaio 2006 risulta infatti che Festa ha comprato lettera e graal da un certo Emanuele Cervone, il quale ha fatto da intermediario tra i parenti di un frate, padre Cristoforo da Vico del Gargano, custode dell’oggetto, al quale a sua volta l’avrebbe donato nel marzo 1968 lo stesso santo di Pietrelcina. C’è di mezzo una causa, perché Festa, nel 2005, a fronte delle tante e autorevoli obiezioni ricevute sul documento e sul reperto, smise di pagare Cervone e ricevette da questi delle ingiunzioni di pagamento. Nell’atto di citazione scritto dall’avvocato di Festa, Antonella Rustico, si legge che la «genuinità e provenienza certa» dei due reperti non è stata «mai dimostrata» dal venditore.
Oggi quella causa è stata abbandonata e grazie a una transazione, Cervone e Festa si sono accordati. La lettera e il graal appartengono ora a pieno titolo al pronipote del medico del santo. Ma sono autentici? Esiste una perizia grafologica sulla lettera, redatta dal professor Alberto Bravo, e datata 2003 (dunque in data precedente al contenzioso tra Festa e Cervone), che conclude: «Le analisi di confronto confermano la riconducibilità della scrittura in verifica alla mano del Santo Padre Pio». Così come esiste una perizia secondo la quale sarebbe attestata l’età del vasetto, risalente al primo secolo. Lo stesso Postulatore generale dell’Ordine dei cappuccini, padre Florio Tessari, si è dichiarato in favore dell’autenticità della missiva. Chi invece non ci ha mai creduto è lo scomparso vicepostulatore della causa di beatificazione, padre Gerardo Di Flumeri, che bollò tutto come un falso, ricordando che nel marzo 1968 Padre Pio non scriveva più se non la sua firma e che quella calligrafia appare come troppo giovanile. «Sul santo graal esistono biblioteche piene di libri. Tutte leggende - osserva fra’ Antonio Belpiede, portavoce dei cappuccini della provincia di San Giovanni Rotondo - se ciò che presenta Festa fosse così importante e decisivo, avrebbe trovato da noi ogni porta spalancata».



Ecco il testo della missiva che Padre Pio avrebbe scritto nel marzo 1968 a padre Cristofoto da Vico del Gargano, facendogli consegnare il vasetto.

«A Padre Cristoforo da Vico del Gargano. Fratello, Dio mi chiama e ti affido i resti di umili segreti a me donati da cristiani fedeli, per consegnare a padre Fortunato da Serracapriola la ciotola che con la sua acqua bagnò le labbra di nostro Signore sul Calvario; al Signor Emmanuelino, accostato alla sacra mensa, la Lucerna che illuminò la strada dei cristiani al Colosseo; per te ti lascio il piccolo Vaso greco dell’Apostolo Pietro in me Segreto perché Dono di Dio a mio padre e testimone della immensa luce. Custodiscilo per i poveri... di fede».
Colpisce innanzitutto la grafia del documento, più simile a quelli vergati dal frate negli anni Trenta e Quaranta. E colpiscono quelle righe criptiche, esoteriche, assolutamente inusuali nelle lettere del santo del Gargano. «Più che Padre Pio sembra Nostradamus», confida un frate di San Giovanni Rotondo che chiede l’anonimato. Nulla si sa della fine degli altri oggetti citati: la ciotola dell’acqua sul Calvario, la lucerna dei cristiani al Colosseo.

Fonte - Il Giornale, art. di Andrea Tornielli, 23 Maggio 2008

lunedì 19 maggio 2008

Restaurata la Croce Santa con reliquie donate dal re di Francia Luigi IX



Conservato nella Pinacoteca di Castiglion Fiorentino (Arezzo) contiene le sacre reliquie donate nel 1258 dal re di Francia Luigi IX, in argento dorato, filigrana, smalti, perle, gemme e pietre dure che contiene due sacre reliquie: un frammento della Santa Croce ed una spina della corona di Cristo

Arezzo - La “Croce Santa” è tornata a splendere. Il prezioso reliquiario del XIII secolo conservato nella Pinacoteca di Castiglion Fiorentino (Arezzo) contiene le sacre reliquie donate nel 1258 dal re di Francia Luigi IX, in argento dorato, filigrana, smalti, perle, gemme e pietre dure che contiene due sacre reliquie: un frammento della Santa Croce ed una spina della corona di Cristo.

Restaurata dall'Opificio delle Pietre Dure di Firenze su incarico del Comune di Castiglion Fiorentino, proprietario dell'opera, la Croce Santa sara' esposta con opera lignea del XIV secolo, ed altri importanti materiali, prima di ritornare nella sua sede, fino al 31 maggio in una mostra dal titolo: ''Oro e legno. La devozione nell'arte medievale castiglionese. Il restauro della Croce Santa e della statua lignea di San Michele'' (Chiesa di San Filippo, Castiglion Fiorentino, Ar). Settecentocinquanta anni fa, il 24 agosto del 1258, il re di Francia Luigi IX dona personalmente a Fra' Mansueto (il francescano originario di Castiglion Fiorentino che rivesti' ruoli chiave per ben quattro pontefici) due preziose reliquie: un frammento della Santa Croce ed una spina della corona di Cristo. Nella primavera dello stesso anno, il frate viene inviato da Papa Alessandro IV, in qualita' di legato pontificio, a negoziare la pace tra Francia ed Inghilterra che sara' ratificata l'anno dopo, nel 1259, con il Trattato di Parigi.

Si tratta di un dono prezioso (basti pensare che il sovrano ha fatto erigere la monumentale Saint Chapelle solo per conservare le reliquie riportate dalla Terra Santa) che testimonia il riconoscimento dell'importante ruolo diplomatico svolto dal frate e la grande stima personale che il re nutre nei confronti di Mansueto. Non sappiamo se la Croce Santa fu donata dal re di Francia a Fra' Mansueto insieme alle reliquie oppure se fu realizzata successivamente, fatto sta che questo prezioso reliquiario e' da anni al centro di una querelle che divide gli studiosi tra quelli che l'attribuiscono ad una manifattura francese e quelli che la riconducano ad una senese.

Il restauro dell'opera, iniziato a gennaio di questo anno, oggi è tornata leggibile nei suoi valori originali che erano stati offuscati dal tempo. Oltre alla Croce Santa saranno in mostra a Castiglion Fiorentino: il prezioso sigillo in cera vergine di Luigi IX e il reliquario ligneo seicentesco che conteneva la lettera di accompagnamento del dono delle reliquie, oggi perduta ma di cui rimane una copia notarile nel monastero di San Francesco a Prato, datata 1270. Entrambi sono stati ritrovati solo recentemente nella chiesa di San Francesco a Castiglion Fiorentino.

il prezioso reliquiario (cm 43 x 35,5 senza base) detto comunemente Croce Santa e' un'opera di straordinaria qualita' che presenta dei bracci polilobati con punte raggiate. La superficie in argento dorato, lavorata su entrambe le facce, e' ricoperta da preziose filigrane realizzate anch'esse in argento dorato, su cui sono sistemate grandi gemme di molteplici colori, poste in alti castoni conici, ornati con cosiddette pietre cabochon. Sul davanti, all'incrocio dei bracci, e' disposta centralmente una piccola croce stauroteca (cm 7,2 x 6,7) in oro traforato e cesellato che custodisce la reliquia del Sacro Legno. Intorno ad essa sono disposti quattro piccoli medaglioni in e'maux de plique.

Fonte - Ign

martedì 11 marzo 2008

L'esumazione di Padre Pio in prospettiva storica

L'ESUMAZIONE DI SAN PIO? TUTTO LEGALE! LA STORIA INSEGNA


SAN GIOVANNI ROTONDO. È scoppiata, in questi giorni,la polemica per la riesumazione della salma del frate a San Giovanni Rotondo: un rito che può sembrare ad alcuni «macabro» e «necrofilo».

Ciò che invece bisogna sapere della tradizione cristiana. Il concetto della Chiesa come «comunione dei santi», e la visione della morte, vinta da Cristo risorto. La pratica nella storia.

Sull’esumazione del corpo di Padre Pio, si sono succeduti in questi giorni polemiche e atti giudiziari. Sino alla recente iscrizione del vescovo di Manfredonia-San Giovanni Rotondo, Domenico D’Ambrosio, nel registro degli indagati della Procura di Foggia. Difatti un’associazione, la «Pro Padre Pio», si batte per impedire la esumazione del cadavere del frate di Pietrelcina. Contro la consuetudine secolare della Chiesa.

Abbiamo chiesto a Franco Cardini, storico del Medioevo, un intervento sulla esibizione del corpo dei santi e sul culto delle reliquie.


Sacro corpo
Il culto dei santi nella cristianità
Perché non dobbiamo scandalizzarci di fronte a devozioni funeree

di FRANCO CARDINI



Come al solito, le polemiche nascono dall’ignoranza. Ignoranza – nessuno se ne adonti - nel senso etimologico e tecnico della parola: molti s’indignano, si scandalizzano, gridano all’orrore e al raccapriccio, semplicemente perché non sanno certe cose, non conoscono la storia, hanno anche a lungo vissuto senza porsi un sacco di problemi sui quali avrebbero ben dovuto interrogarsi.

Il cristianesimo pare a molti una religione banale: ci sono cresciuti più o meno dentro, o ai margini, o al di fuori ma tenendolo comunque d’occhio e considerandolo una cosa familiare: a Natale si fa il presepe, a Pasqua ci sono l’uovo e la colomba, battezzare i bambini in chiesa è bello e commovente, sposarsi davanti al prete è più solenne che non davanti al sindaco e via discorrendo.

Ma il cristianesimo, vissuto sul serio, è una fede dura e assurda: il cristiano ha l’obbligo di credere che un po’ di pane senza lievito e un po’ di vino, se un prete - che magari non è nemmeno una gran brava persona - ci pronunzia una formula sopra, diventano sul serio il Corpo e il Sangue del Cristo; ha l’obbligo di credere che alla fine dei tempi i corpi dei morti risorgeranno; e giù una lunga serie di assurdità.

E qualche cristianuccio che fino ad ora ha sempre creduto in Dio e spesso è andato anche in chiesa, si scandalizza adesso, e si mette a parlare di «macabro» e di «necrofilia », perché la Chiesa riesuma un cadavere? Ma siete vissuti sulla luna, fino ad ora?

Il cristianesimo, sta scritto, è «scandalo per i giudei, follia per i gentili». E difatti ebrei e pagani, per motivi differenti ma in concordia, aborrivano (e aborrono) perfino la vista dei cadaveri, considerata contaminante. Nel mondo antico greco e romano le «necropoli», le «città dei morti», stavano fuori di quelle dei vivi e rigorosamente separate da esse; e gli imperatori romani proibivano severamente la mutilazione e la parcellizzazione dei cadaveri, sia perché temevano che in qualche caso parti del corpo ad esempio di un oppositore politico dell’impero avrebbero potuto servire come reliquia per attivare un suo culto politico, sia perché spesso parti di corpo umano venivano asportate e usate per rituali magici.

Ma il Cristo, morendo e risorgendo, ha vanificato la morte. Non v’è più motivo di temere i cadaveri o di averne orrore: essi sono candidati alla resurrezione.

D’altronde, il cristianesimo è fondato sul sangue dei «martiri», cioè dei testimoni: sia di Gesù, Martire per eccellenza, sia di quanti lo hanno seguito e hanno dato la vita per lui. Fino dal I-II secolo dopo Cristo invalse fra i cristiani l’uso di raccogliere brandelli di abito e anche gocce di sangue di un martire e di conservarle a scopo di culto. Poiché la Chiesa è fondata sulla «comunione dei Santi», cioè sul rapporto intimo e profondo tra il Dio-Uomo e tutti quelli che sono nella Grazia, tutti sono viventi: e difatti non esistono «necropoli», città dei morti, bensì «cimiteri», parola greca che significa «dormitori», dove i fedeli dormono in attesa del risveglio.

Comunque, la reliquia - specie quelle costituite da parte di un corpo fisico - è una rottura rivoluzionaria sia con la tradizione ellenistico-romana sia con quella ebraica, che per motivi diversi tra loro prescrivevano comunque entrambe la rigorosa separazione tra i morti e i vivi e avrebbero ritenuto illecite e contaminanti sia la separazione d’una parte d’un cadavere dal resto del corpo di un defunto sia la sua conservazione.

Tuttavia anche nella Chiesa primitiva esistevano resistenze a tale pratica. Fu solo a partire dall’VIII che si diffuse la pratica della frammentazione dei corpi dei santi e del loro trasferimento dal primitivo luogo di sepoltura a un altro, la «translatio»; inoltre si preferiva ricorrere di solito, per distribuirle ai fedeli, alle cosiddette «reliquie per contatto», cioè a oggetti (di solito «brandia», frammenti di tessuto) che si depositavano qualche istante sulla tomba del santo come a permetter loro di «assorbirne » il potere taumaturgico.


Immagine tratta dal sito http://www.cinemavvenire.it/


Molti venerabili uomini di Chiesa attaccarono autorevolmente sia gli abusi cultuali, sia le superstizioni legate alle reliquie: così Claudio di Torino nel IX secolo, così soprattutto Guiberto, abate benedettino del monastero di Nogent fra XI e XII secolo, il cui trattato De pignori bus sanctorum - una requisitoria implacabile contro le falsificazioni e le superstizioni – fu poi scopiazzato nei secoli successivi da tutti i detrattori anticattolici del culto delle reliquie (da Giovanni Calvino al Voltaire), i quali però si guardarono bene dal citarlo.

Le reliquie principali dei santi erano e restano il loro corpo, o parti di esso: la pratica cristiana ha difatti consentito, per esigenze di culto, lo smembramento dei corpi dei santi. Si tratta comunque di una pratica che la Chiesa moderna tende a lasciar da canto: le reliquie dei santi sono oggi, soprattutto, parti del loro abito oppure oggetti ad essi appartenuti.

Il culto delle reliquie fu comunque, insieme con la vendita venale delle indulgenze, uno degli «scandali» contro i quali si scagliarono tra Medioevo ed Età moderna tutti i fautori delle riforme ecclesiali: fino alla Riforma protestante vera e propria e alla Controriforma, che ribadì la legittimità del culto ma accolse le giuste critiche ai suoi abusi e avviò una vera e propria caccia alle false reliquie che ancora fossero venerate nelle chiese. Naturalmente, ciò non toglie che molti falsi sfuggissero alle indagini, anche alle più accurate.

Oggi, la Chiesa può usufruire dei medesimi strumenti messi a disposizione della ricerca storica per correttamente datare un oggetto: le indagini mediante l’uso del C14, l’isotopo radioattivo del carbonio, del DNA e così via. Gli studi relativi alla «Santa Sindone» di Torino, ad esempio, sia pur caratterizzati da una problematica particolarmente complessa, hanno dimostrato quanto grandi servigi la scienza possa rendere al culto.

Va da sé che comunque da una parte la fede nelle reliquie non fa parte di alcun dogma, dall’altra che in qualche caso di sia pur dubbia autenticità la Chiesa può autorizzare il mantenimento - magari provvisorio, in attesa di raggiunte certezze – di un culto locale per rispetto alla tradizione e alla devozione dei fedeli.

Lo stato d’integrità di un corpo fisico, anche molto tempo dopo il decesso, è considerato un segno di santità, che si appura appunto attraverso la «ricognizione » dei resti, oggi espedita con i mezzi e gli strumenti che la scienza moderna pone a nostra disposizione. Naturalmente, l’integrità di un corpo dopo la morte non è, di per sé, ritenuta prova sufficiente di santità; né, al contrario, un corpo che abbia subìto il fisiologico processo di dissoluzione è perciò stesso ritenuto come appartenente a una persona che non ha raggiunto il livello della santità.

La Chiesa si muove in questi frangenti con estrema prudenza, come abbiamo visto nella recentissima ricognizione dei resti mortali di san Pio da Pietrelcina. La ricognizione continua ad essere un momento importante, prima della translazione del corpo di un santo da una sede all’altra. La Chiesa ha agito, anche in questo caso, in maniera del tutto conforme alla tradizione.


Reliquie, istruzioni per l’uso (e l’abuso)

La reliquia è nella tradizione ecclesiale cattolica un resto corporeo di santi o di sante, di beati o beate, oppure di qualche oggetto santificato dal contatto con loro. Casi molto particolari sono le reliquie della Beata Vergine Maria e, soprattutto, del Cristo: specialissime poi fra tutte sia le reliquie del legno della Santa Croce (o degli altri strumenti della passione: dalle spine a i chiodi), sia quelle del Santo Sangue del Signore, che possono aver avuto origine dal Suo Sangue versato durante la Passione o da quel particolare tipo di miracolo che è il «miracolo eucaristico».

Sul piano storico, la reliquia cristica è prova e pegno (in latino, appunto, «pignus») della comune salvezza, connessa con la realtà dell’Incar nazione.

A somiglianza di essa, le reliquie dei martiri sono pegno della comunione dei santi, che garantisce l’unità della Chiesa come Corpo Mistico sulla quale si fonda la certezza che i santi continuano a proteggere, come mediatori, la comunità dei credenti: ciò giustifica la fede nel potere miracoloso che le reliquie possono avere.

Anche gli antichi greci e romani conoscevano il culto delle reliquie degli eroi, alle quali però non attribuivano alcun valore taumaturgico.

Lo sconsiderato traffico delle reliquie - e quindi la circolazione di reliquie false, che si produssero nella Cristianità occidentale, specie tra VIII e XI secolo, e che erano collegati a fenomeni quali il pellegrinaggio - obbligò la Chiesa a correre ai ripari: s’introdusse l’obbligo delle «authenticae», documenti - talora ridotti a semplici etichette - che avrebbero dovuto assicurare identità e provenienza di ciascuna reliquia, si avviarono verifiche di esse («recognitiones») e nel 1215 il Concilio Lateranense IV proibì l’ostensione delle reliquie fuori dalle loro teche al fine di ridurre i fenomeni della falsificazione, della sostituzione e del furto.

[f. card.]

Fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno

http://garganopress.net/modules/news...p?storyid=7472

giovedì 14 febbraio 2008

Le analisi sulla Sindone potrebbero essere sbagliate




Intervista a Emanuela Marinelli, autrice di vari libri sulla Sindone

di Antonio Gaspari

ROMA, giovedì, 7 febbraio 2008 (ZENIT.org).- La Sindone torna a far parlare di sé. Il mistero dell’uomo impresso sul telo continua a far discutere gli scienziati.

L’ultimo in ordine di tempo è stato Christopher Bronk Ramsey, Direttore del Radiocarbon Accelerator di Oxford, uno dei tre laboratori, con Tucson e Zurigo, che datarono la Sindone nel 1988.

Il dottor Ramsey, in una intervista registrata dalla BBC che sarà trasmessa in Gran Bretagna il prossimo 22 marzo, ha ammesso che le rilevazioni fatte allora sulla Sindone, secondo le quali avrebbe avuto origine nel Medioevo, “potrebbero essere messe in discussione”.

A rivelare le dichiarazioni di Christopher Bronk Ramsey, è stato monsignor Giuseppe Ghiberti, Presidente della Commissione diocesana per la Sindone di Torino, durante una conferenza svoltasi a Novara e ripresa in prima pagina dal quotidiano “La Stampa” (26 gennaio 2008).

Secondo nuove scoperte, la tecnologia meno raffinata di vent’anni fa non sarebbe stata in grado di distinguere il carbonio originale del telo da quello acquisito dall’inquinamento ambientale.

Per capire in che modo queste dichiarazioni potrebbero gettare nuova luce sull’origine della Sindone, ZENIT ha intervistato Emanuela Marinelli, docente di Scienze Naturali e Geologiche, autrice di vari libri sulla Sindone e animatrice, insieme al fratello Maurizio Marinelli, del sito internet www.sindone.info.

Che cosa c’è di nuovo? Qual è la notizia?

Marinelli: Il 21 gennaio la Sindone è stata trasferita nella sacrestia nuova del Duomo di Torino per consentire un controllo della teca ad alta tecnologia in cui è conservata. In questa occasione i tecnici della società novarese Hal 9000 hanno effettuato riprese video e 1.650 fotografie che permetteranno la realizzazione di un’immagine ad altissima risoluzione, utile anche per studi scientifici. Il primo risultato è visibile su una parete del Duomo di Novara a partire dal 6 febbraio e fino al 30 marzo: un ingrandimento della Sindone di 21 per 9 metri, elemento centrale del progetto “Passio 2008” che animerà, con oltre cento appuntamenti, la Quaresima della Diocesi di Novara su iniziativa dell’Associazione Culturale «La nuova Regaldi». La gigantografia della Sindone verrà successivamente inviata a Sidney per la Giornata Mondiale della Gioventù.

Intorno alla reliquia ha pure lavorato una troupe della BBC che sta realizzando un film del regista David Rolfe. Il documentario andrà in onda in Gran Bretagna il 22 marzo, Sabato Santo.

Monsignor Giuseppe Ghiberti, Presidente della Commissione diocesana per la Sindone di Torino, intervenuto a Novara in un convegno dell’associazione culturale «La nuova Regaldi», ha anticipato i contenuti dell’intervista a Christopher Bronk Ramsey, archeologo, Direttore del Radiocarbon Accelerator di Oxford, che apparirà nel film della BBC. Monsignor Ghiberti ha riferito, in particolare, le importanti dichiarazioni che il dottor Ramsey avrebbe fatto in relazione alla datazione del 1988 che collocò l’origine della Sindone nel Medioevo: “è possibile che ci sia stato un errore”. Dunque quei risultati potrebbero essere messi in discussione dall’evoluzione tecnologica che ha reso nel frattempo più raffinata l’osservazione del carbonio 14.

Le dichiarazioni alla BBC del Direttore del Radiocarbon Accelerator di Oxford riaprono il dibattito sulla datazione della Sindone?

Marinelli: Il dibattito in realtà non si è mai chiuso, ma adesso la novità proviene da un autorevole esponente del fronte dei cosiddetti “carbonisti”, coloro che effettuano le datazioni e in genere difendono i loro risultati, tranne nei casi clamorosi di età assurde per il reperto esaminato, errori che di solito vengono spiegati dagli analisti stessi. Per la Sindone però non vollero sentire ragioni.

Ora il dottor Ramsey, pur precisando in un comunicato fatto pervenire a L’ItaloEuropeo il 31 gennaio che personalmente non ritiene che i nuovi studi possano mettere in discussione l’accuratezza della datazione radiocarbonica effettuata, è disposto a considerare con mente aperta tutte le proposte serie che spieghino perché quella datazione potrebbe non essere corretta e a condurre ulteriori esperimenti per verificare tali ipotesi. È una considerevole apertura.

Quanti e quali sindonologi aveva messo in dubbio l’analisi fatta sul lino della Sindone? E quali erano le loro argomentazioni?

Marinelli: Tutti i sindonologi del mondo, e sono centinaia, avevano contestato quel verdetto assurdo. Solo chi aveva condotto le analisi si ostinava a difenderlo, ovviamente insieme ai negatori dell’autenticità, gente che ha per la Sindone un rifiuto aprioristico, per partito preso.

Fra i sindonologi ci sono molti scienziati, anche non cattolici, che avevano giudicato l’angolo del prelievo non rappresentativo dell’intero lenzuolo per le manipolazioni subite, oltre a tutte le altre vicissitudini attraversate dalla reliquia.

Fra le varie ricerche condotte in merito spicca quella del chimico Raymond Rogers che ha dimostrato come quell’angolo sia stato addirittura rammendato. I suoi risultati sono stati pubblicati dalla prestigiosa rivista Thermochimica Acta, Vol. 425, 2005.

Quali sono le ragioni che la convincono circa l’autenticità della Sindone?

Marinelli: Tutte le ricerche confermano che quel lenzuolo proviene dalla Palestina dell’epoca di Cristo ed ha avvolto il cadavere di un crocifisso che può essere solo Gesù. Per approfondire tutte le ragioni dell’autenticità consiglio di visitare il sito www.sindone.info.

Cosa accadrà adesso, si rifaranno le analisi?

Marinelli: Il dottor Ramsey è già all’opera per verificare la nuova ipotesi che tiene conto delle condizioni in cui è stata conservata la reliquia. Il risultato sarà annunciato nel documentario della BBC. Per il momento non ha specificato se sta lavorando su un campione della Sindone o su altro materiale. Monsignor Ghiberti dal canto suo il 31 gennaio ha precisato: “Non sono a conoscenza di altri esami e a me non risulta che vi siano in giro campioni di materiale sindonico”. Però i tre laboratori che datarono la Sindone potrebbero non aver usato tutto il materiale che fu loro affidato: David Sox, che fu presente durante il test del 1988 condotto a Zurigo, scrisse nel suo libro “The Shroud unmasked” che in quel laboratorio il campione fu diviso in due e una metà fu conservata per eventuali ulteriori esami.

Cosa occorre ancora per dichiarare la Sindone autentica?

Marinelli: Nulla. Abbiamo già un’impressionante mole di dati a favore dell’autenticità. Ne cito uno per tutti: la Sindone ha una speciale tipologia della cimosa e una particolare cucitura che hanno trovato riscontro solo in tessuti rinvenuti a Masada, la località della Palestina che cadde nelle mani dei Romani nel 74 d.C. e non fu più abitata. Queste stoffe sicuramente giudaiche e sicuramente dell’epoca di Cristo sono riemerse dalla polvere della storia solo pochi anni fa, durante una campagna di scavi archeologici. Quale falsario medievale poteva essere a conoscenza delle manifatture giudaiche del primo secolo? Di che nuovi esami abbiamo bisogno? Per l’autenticità non serve altro. Se ulteriori analisi ci saranno, ben vengano, ma saranno solo conferme di quanto già sappiamo. L’unico mistero che rimane è l’origine dell’immagine: quel cadavere ha impresso nel lenzuolo il suo negativo come con una radiazione. È la luce di cui abbiamo bisogno per capire che non serve altro.

Fonte: Zenit, 7.2.2008

Nuove analisi sulla Sindone




Intervista a Gianfranco Berbenni, esperto in teologia e scienza

Di Paolo Centofanti

ROMA, martedì, 5 febbraio 2008 (ZENIT.org).- Nei giorni scorsi sono state pubblicate alcune notizie su una intervista della BBC al dr. Christopher Bronk Ramsey, Direttore del Radiocarbon Accelerator di Oxford, che avrebbero ulteriormente smentito i risultati delle analisi al radiocarbonio 14 effettuate proprio in quei laboratori nel 1988 e che facevano risalire la Sindone al Medioevo.

A quanto pare, si tratterebbe di indiscrezioni, trapelate da un colloquio privato, perché, stando a quanto rivelato in un comunicato della Oxford University, Ramsey avrebbe dichiarato solo l’opportunità di effettuare altre analisi, utilizzando le nuove tecnologie. Come stiano le cose, si saprà forse solo alla vigilia di Pasqua, quando la BBC manderà in onda l’intervista.

Nello stesso periodo, la Sacra Sindone è stata estratta dalla teca in cui è conservata da alcuni anni, per verificarne lo stato di conservazione, e ne è stata realizzata una gigantografia di 7 metri per 21, che verrà esposta all’esterno del Duomo di Novara, e poi durante la Giornata Mondiale della Gioventù, a Sidney, alla presenza anche del Pontefice.

Per avere un commento e una analisi in proposito, ZENIT ha intervistato padre Gianfranco Berbenni, Ofm Cap., docente del Corso "La Scienza e la Teologia di fronte alla Sindone", all'interno del Master in Scienza e Fede dell'Ateneo Pontificio “Regina Apostolurum”, nell'ambito del Progetto STOQ (Science, Theology and the Ontological Quest).

Come vede le eventuali novità relative alla Sindone e a possibili ulteriori smentite delle analisi al radiocarbonio 14 del 1988?

Padre Berbenni: Al di là delle indiscrezioni, penso che si apra una nuova epoca di indagini sulla Sindone, ormai sono trascorsi vent'anni da quel tipo di studi scientifici.

Il dr. Ramsey faceva parte del team di analisi del 1988?

Padre Berbenni: Lavorava nel laboratorio in cui furono realizzate le analisi. Diciamo che è la nuova generazione di scienziati che si sta affacciando alle indagini sulla Sindone. Molti della vecchia generazione ci hanno lasciato, anche fisicamente, e questa nuova generazione giustamente attua una ripresa delle indagini, dato anche l'affinamento delle metodiche e delle strumentazioni per le datazioni archeologiche intercorse.

Qualcuno ha parlato anche di una sorta di complotto, come se il milione di dollari messo in palio per chi verificasse la non autenticità della Sindone, avesse spinto gli scienziati, non diciamo a falsare, ma quanto forse a indirizzare i risultati finali

Diciamo che forse questo fa parte un po' del genere “gossip scientifico”. Alle voci non si deve dare molto credito quando non si hanno prove serie. Il problema forse è che ambedue i fronti, quello favorevole alla Sindone e quello contrario, erano abbastanza in conflitto tra loro, e forse ambedue mettevano in campo il meglio per quel periodo. Ambedue probabilmente hanno bisogno di revisione storica di quegli eventi, senza però, penso, entrare in ipotesi di quel tipo.

Prendendo spunto proprio da questa sua affermazione sul diffuso “gossip scientifico”, come valuta la comunicazione e l'informazione che di solito si fa sulla Sindone e in che misura, secondo lei, a volte viene utilizzata per spettacolarizzare l'informazione?

Padre Berbenni: Uno dei punti deboli, recentemente preso in esame anche dal Centro Internazionale di Torino, è proprio il controllo della qualità dell'informazione relativa alla Sindone. Per cui un buon ufficio stampa è fondamentale per dare ai giornalisti materiali di buona affidabilità. E' quindi più un compito di organizzazione della comunicazione, che un lamento su eventuali effetti sgradevoli, o informative incomplete; a quel punto se sono incomplete divengono più facilmente manipolabili.

Quindi la manipolazione dell'informazione può essere anche involontaria?

Padre Berbenni: Sulla volontarietà vi sono molti indizi, però al di là degli indizi non ci sono prove.

Cosa pensa della gigantografia che è stata realizzata della Sindone, e che verrà esposta prima a Verona e poi alla GMG a Sidney? C'è secondo lei il rischio che sia un modo di banalizzare un po' la Sindone, oppure no?

Padre Berbenni: L'essenziale è che questa iniziativa della gigantografia mantenga un po' quella signorilità della comunicazione, che la Sindone ha sempre creato attorno a sé. Per cui va bene l'iniziativa, l'essenziale è che un certo tono molto “sindonico”, tra virgolette, sia sempre garantito.

C'è qualche novità recente relativa agli studi sulla Sindone?

Padre Berbenni: Al di là dell'intervento di controllo sullo stato della Sindone in questi giorni, credo che la Chiesa non abbia intenzione di accelerare, almeno attualmente, nuove indagini. L'essenziale è la conservazione ottimale del reperto, cosa che dopo dieci anni circa dalla collocazione nella nuova splendida teca, è stata verificata.

Ci sono a volte nella comunicazione, nell'informazione, o anche nel modo in cui viene capita dalla maggior parte della popolazione, dei fraintendimenti sul significato teologico della Sindone?

Padre Berbenni: Purtroppo questo è uno dei settori più deboli attualmente, nella percezione popolare, nella percezione sociale su questo documento. Anche per la conflittualità che a volte lo contraddistingue. E' un documento splendido, ma al centro sempre di fieri scontri, anche di natura culturale, e a volte anche di posizioni teologiche.

Può parlarci delle teorie di scienziati o chimici sul modo in cui si sarebbe formata l'immagine della Sindone?

Padre Berbenni: Sostanzialmente ci sono due grandi scuole, il nostro Centro di Roma, che propende per una formazione fisico-chimica normale, e la maggioranza, almeno attuale, delle posizioni scientifiche, che vede formazioni con ipotesi che vanno dal misterioso, perché non hanno ancora basi dimostrate, all'esoterico.

Le ricerche sulla formazione dell'immagine sono molto legate alla qualità delle ricerche dello STURP, dal 1976 al 1988, ma con alcuni condizionamenti anche di partenza.

L'importante è che proseguano le indagini senza eccessi di posizioni, di “fantasia scientifica”, ma con libertà di indagine.

Quanto a noi, suggeriremmo di tornare ad ipotesi molto più semplici, “normali”, dato che abbiamo anche disponibile ormai la foto ad alta definizione del retro della Sindone, che generalmente, fino al 2002, non era analizzabile se non in alcune piccole parti; parlando un po' degli aspetti tecnici della formazione dell'immagine. La foto del retro completa è disponibile dal 2002, dall'estate in cui vennero realizzati interventi di restauro davvero eccellenti.

Una conclusione ideale di questa intervista?

Padre Berbenni: Sulla Sindone penso che sarebbe opportuno considerare sempre il grande valore, la centralità che questo documento ha per la cultura, per la scienza, e speriamo innanzitutto anche per la religione, la teologia.

Sempre centrale è la domanda: “chi è l'uomo avvolto nella Sindone”?

Padre Berbenni: Noi da sempre siamo propensi a ritenerlo il Cristo del Vangelo.

Fonte: Zenit, 5.2.2008

Sindone, datazione da rivedere




Uno degli scienziati coinvolti negli esperimenti per determinare, sulla base del test al radiocarbonio, la datazione della Sindone, il telo conservato a Torino che secondo la tradizione avvolse il corpo di Gesù nel sepolcro, rimette in discussione il clamoroso risultato del 1988. Quello dal quale risulterebbe che la Sindone è un manufatto dell’epoca medioevale. Il suo nome è Christopher Bronk Ramsey. Le sue parole sono state un po’ enfatizzate (non ha mai detto, in realtà, di ritenere falso il risultato dell’esame al radiocarbonio): quello che è certo è che Ramsey, oggi direttore del Radiocarbon Accelerator di Oxford, ha sostenuto in una intervista alla BBC – sarà trasmessa il Sabato Santo – che i risultati delle rilevazioni del 1988 potrebbero essere messi in discussione dall’evoluzione tecnologica che ha reso nel frattempo più raffinata l’osservazione del carbonio 14. Vale la pena di ricordare, en passant, qualche errore commesso proprio dai laboratori di Oxford, Tucson e Zurigo, i tre che hanno esaminato il campione di tessuto sindonico. Oxford ha datato alcuni dipinti su pietra sudafricani come risalenti a 1200 anni fa, mentre erano stati eseguiti appena undici anni prima del test. Il laboratorio di Tucson ha datato al 2006 d.C. un corno di mucca di epoca vichinga, cioè risalente a un periodo compreso tra il VII e il X secolo. Mentre il direttore del laboratorio di Zurigo ha ottenuto interessanti risultati con una tovaglia di lino di sua suocera: il tessuto, non più vecchio di mezzo secolo era risultato avere, secondo la datazione al carbonio, 350 anni. Trattandosi, nel caso della Sindone, di un telo antico che ha viaggiato, è stato esposto alla venerazione dei fedeli e al fumo della candele, ha subito un incendio e gli è colato attraverso dell’argento fuso, è ben possibile che qualcuno di questi elementi (o tutti insieme) abbiano contribuito a falsare il risultato. Da sempre contestato, quella datazione medioevale contrasta con una serie di altre evidenze – dalla presenza di pollini provenienti dalla Palestina alla fattura del telo fino all’inspiegabilità del modo in cui la misteriosa immagine è rimasta impressa – che fanno invece propendere per una datazione molto più antica, risalente al I secolo. La fede cristiana non dipende certo dall’autenticità della Sindone. Ma i dubbi di Ramsey fanno capire l’utilità di ulteriori esami. Un sito utile da visitare è quello del Collegamento pro Sindone.

Fonte: Blog Sacri Palazzi di Andrea Tornielli