lunedì 26 maggio 2008

Il giallo del graal di Padre Pio


Una coppa misteriosa, che sarebbe appartenuta a San Pietro e rappresenterebbe un «dono di Dio» a San Francesco poi trasmesso a Padre Pio. Una lettera manoscritta con passaggi criptici, vergata con calligrafia chiara e giovanile dal santo stimmatizzato quando questi in realtà era ormai alla fine della sua vita, che attesta l’autenticità del vaso definendolo «in me Segreto» e «testimone di immensa luce». Un regista con interessi nel mondo dello spiritismo, pronipote del medico che curò Padre Pio, che si dichiara perseguitato e teme di essere messo a tacere dopo aver tentato in tutti i modi di raccontare la storia del graal. No, non state leggendo la trama di un nuovo thriller fantareligioso ma una storia approdata a «Striscia la notizia», il tg satirico di Canale 5.

Il protagonista si chiama Al (diminutivo di Alberto) Festa, regista cinematografico, 50 anni, parente di Giorgio Festa, il dottore che operò Padre Pio e ne esaminò le stimmate scrivendo una dettagliata relazione. A «Striscia», martedì scorso, Festa, basandosi su alcune foto della sepoltura del frate, ha dapprima sollevato dubbi su una possibile manomissione del corpo, facendo notare come i sigilli originali non figurassero sul vetro al momento della riesumazione e raccontando persino la «voce» di un presunto trasferimento delle spoglie in Vaticano. Su questo argomento i frati di San Giovanni Rotondo non hanno avuto problemi a chiarire, smentire e puntualizzare: nei giorni dell’esposizione del corpo, prima dei funerali, vennero eseguite varie ispezioni e un cambio di bara. Così, subito prima della tumulazione, i sigilli l’ultima volta vennero apposti non sul coperchio di vetro, ma sulla cassa di metallo, dove sono rimasti fino al 2 marzo scorso. Nessun mistero, nessun trafugamento, nessun segreto celato negli scantinati vaticani.

Ai microfoni di «Striscia», Alberto Festa ha però rilanciato anche la storia della lettera e del possibile «santo graal» di Padre Pio, da lui già annunciata con conferenza stampa il 26 novembre 2003, quando definì il vasetto «di incredibile importanza». In questi anni si era sempre creduto che Festa avesse trovato il graal, e la lettera che lo autenticava scritta da Padre Pio, tra gli oggetti del prozio, medico del frate.

In realtà le cose non sono andate proprio così. Si è trattato di un acquisto, per un valore di circa 75mila euro. Da un atto di citazione depositato al tribunale di Roma in data 12 gennaio 2006 risulta infatti che Festa ha comprato lettera e graal da un certo Emanuele Cervone, il quale ha fatto da intermediario tra i parenti di un frate, padre Cristoforo da Vico del Gargano, custode dell’oggetto, al quale a sua volta l’avrebbe donato nel marzo 1968 lo stesso santo di Pietrelcina. C’è di mezzo una causa, perché Festa, nel 2005, a fronte delle tante e autorevoli obiezioni ricevute sul documento e sul reperto, smise di pagare Cervone e ricevette da questi delle ingiunzioni di pagamento. Nell’atto di citazione scritto dall’avvocato di Festa, Antonella Rustico, si legge che la «genuinità e provenienza certa» dei due reperti non è stata «mai dimostrata» dal venditore.
Oggi quella causa è stata abbandonata e grazie a una transazione, Cervone e Festa si sono accordati. La lettera e il graal appartengono ora a pieno titolo al pronipote del medico del santo. Ma sono autentici? Esiste una perizia grafologica sulla lettera, redatta dal professor Alberto Bravo, e datata 2003 (dunque in data precedente al contenzioso tra Festa e Cervone), che conclude: «Le analisi di confronto confermano la riconducibilità della scrittura in verifica alla mano del Santo Padre Pio». Così come esiste una perizia secondo la quale sarebbe attestata l’età del vasetto, risalente al primo secolo. Lo stesso Postulatore generale dell’Ordine dei cappuccini, padre Florio Tessari, si è dichiarato in favore dell’autenticità della missiva. Chi invece non ci ha mai creduto è lo scomparso vicepostulatore della causa di beatificazione, padre Gerardo Di Flumeri, che bollò tutto come un falso, ricordando che nel marzo 1968 Padre Pio non scriveva più se non la sua firma e che quella calligrafia appare come troppo giovanile. «Sul santo graal esistono biblioteche piene di libri. Tutte leggende - osserva fra’ Antonio Belpiede, portavoce dei cappuccini della provincia di San Giovanni Rotondo - se ciò che presenta Festa fosse così importante e decisivo, avrebbe trovato da noi ogni porta spalancata».



Ecco il testo della missiva che Padre Pio avrebbe scritto nel marzo 1968 a padre Cristofoto da Vico del Gargano, facendogli consegnare il vasetto.

«A Padre Cristoforo da Vico del Gargano. Fratello, Dio mi chiama e ti affido i resti di umili segreti a me donati da cristiani fedeli, per consegnare a padre Fortunato da Serracapriola la ciotola che con la sua acqua bagnò le labbra di nostro Signore sul Calvario; al Signor Emmanuelino, accostato alla sacra mensa, la Lucerna che illuminò la strada dei cristiani al Colosseo; per te ti lascio il piccolo Vaso greco dell’Apostolo Pietro in me Segreto perché Dono di Dio a mio padre e testimone della immensa luce. Custodiscilo per i poveri... di fede».
Colpisce innanzitutto la grafia del documento, più simile a quelli vergati dal frate negli anni Trenta e Quaranta. E colpiscono quelle righe criptiche, esoteriche, assolutamente inusuali nelle lettere del santo del Gargano. «Più che Padre Pio sembra Nostradamus», confida un frate di San Giovanni Rotondo che chiede l’anonimato. Nulla si sa della fine degli altri oggetti citati: la ciotola dell’acqua sul Calvario, la lucerna dei cristiani al Colosseo.

Fonte - Il Giornale, art. di Andrea Tornielli, 23 Maggio 2008

lunedì 19 maggio 2008

Restaurata la Croce Santa con reliquie donate dal re di Francia Luigi IX



Conservato nella Pinacoteca di Castiglion Fiorentino (Arezzo) contiene le sacre reliquie donate nel 1258 dal re di Francia Luigi IX, in argento dorato, filigrana, smalti, perle, gemme e pietre dure che contiene due sacre reliquie: un frammento della Santa Croce ed una spina della corona di Cristo

Arezzo - La “Croce Santa” è tornata a splendere. Il prezioso reliquiario del XIII secolo conservato nella Pinacoteca di Castiglion Fiorentino (Arezzo) contiene le sacre reliquie donate nel 1258 dal re di Francia Luigi IX, in argento dorato, filigrana, smalti, perle, gemme e pietre dure che contiene due sacre reliquie: un frammento della Santa Croce ed una spina della corona di Cristo.

Restaurata dall'Opificio delle Pietre Dure di Firenze su incarico del Comune di Castiglion Fiorentino, proprietario dell'opera, la Croce Santa sara' esposta con opera lignea del XIV secolo, ed altri importanti materiali, prima di ritornare nella sua sede, fino al 31 maggio in una mostra dal titolo: ''Oro e legno. La devozione nell'arte medievale castiglionese. Il restauro della Croce Santa e della statua lignea di San Michele'' (Chiesa di San Filippo, Castiglion Fiorentino, Ar). Settecentocinquanta anni fa, il 24 agosto del 1258, il re di Francia Luigi IX dona personalmente a Fra' Mansueto (il francescano originario di Castiglion Fiorentino che rivesti' ruoli chiave per ben quattro pontefici) due preziose reliquie: un frammento della Santa Croce ed una spina della corona di Cristo. Nella primavera dello stesso anno, il frate viene inviato da Papa Alessandro IV, in qualita' di legato pontificio, a negoziare la pace tra Francia ed Inghilterra che sara' ratificata l'anno dopo, nel 1259, con il Trattato di Parigi.

Si tratta di un dono prezioso (basti pensare che il sovrano ha fatto erigere la monumentale Saint Chapelle solo per conservare le reliquie riportate dalla Terra Santa) che testimonia il riconoscimento dell'importante ruolo diplomatico svolto dal frate e la grande stima personale che il re nutre nei confronti di Mansueto. Non sappiamo se la Croce Santa fu donata dal re di Francia a Fra' Mansueto insieme alle reliquie oppure se fu realizzata successivamente, fatto sta che questo prezioso reliquiario e' da anni al centro di una querelle che divide gli studiosi tra quelli che l'attribuiscono ad una manifattura francese e quelli che la riconducano ad una senese.

Il restauro dell'opera, iniziato a gennaio di questo anno, oggi è tornata leggibile nei suoi valori originali che erano stati offuscati dal tempo. Oltre alla Croce Santa saranno in mostra a Castiglion Fiorentino: il prezioso sigillo in cera vergine di Luigi IX e il reliquario ligneo seicentesco che conteneva la lettera di accompagnamento del dono delle reliquie, oggi perduta ma di cui rimane una copia notarile nel monastero di San Francesco a Prato, datata 1270. Entrambi sono stati ritrovati solo recentemente nella chiesa di San Francesco a Castiglion Fiorentino.

il prezioso reliquiario (cm 43 x 35,5 senza base) detto comunemente Croce Santa e' un'opera di straordinaria qualita' che presenta dei bracci polilobati con punte raggiate. La superficie in argento dorato, lavorata su entrambe le facce, e' ricoperta da preziose filigrane realizzate anch'esse in argento dorato, su cui sono sistemate grandi gemme di molteplici colori, poste in alti castoni conici, ornati con cosiddette pietre cabochon. Sul davanti, all'incrocio dei bracci, e' disposta centralmente una piccola croce stauroteca (cm 7,2 x 6,7) in oro traforato e cesellato che custodisce la reliquia del Sacro Legno. Intorno ad essa sono disposti quattro piccoli medaglioni in e'maux de plique.

Fonte - Ign