sabato 16 agosto 2008

Ultima ostensione in Cattedrale per la sacra Cintola


Ultima ostensione in Cattedrale per la sacra Cintola. A settembre la vecchia teca esposta al Museo dell'Opera

La Nazione, Ferragosto - Il 15 agosto i fedeli, radunati in Duomo assisteranno per l'ultima volta all'Ostensione solenne effettuata dal Vescovo. Dall' 8 settembre infatti la Cintola verrà spostata dalla vecchia alla nuova teca commissionata al famoso orafo Giacomo Babetto. Dopo il restauro la vecchia teca sarà esposta nel Museo dell'Opera del Duomo

Prato, 14 agosto 2008 - Sarà un’Ostensione storica quella in programma, secondo antica tradizione, a Ferragosto per celebrare l’Assunzione di Maria. Il vescovo Simoni si affaccerà dal pulpito di Donatello mostrando per l’ultima volta l’antico reliquiario seicentesco. L’8 settembre si cambia: avverrà la traslazione della Cintola dalla vecchia alla nuova teca, commissionata al padovano Giacomo Babetto, uno dei più grandi artisti orafi italiani. Proprio in questi giorni Babetto, nel suo studio di Arqua Petrarca, sta ultimando il reliquiario, commissionatogli congiuntamente dal Comune di Prato e dal Capitolo della Cattedrale, comproprietari da secoli della reliquia simbolo religioso e civile di Prato.

L'opera d’arte seicentesca si stava deteriorando in modo preoccupante, tanto da costringere la proprietà, acquisito il parere della Soprintendenza e dell’Opificio delle Pietre Dure, a prendere la decisione di sostituirla. Da settembre la vecchia teca, insieme alla 'scatola' d’argento che la contiene, sarà in restauro; successivamente sarà esposta nel Museo dell’Opera del Duomo. L’Ostensione di Santa Maria, come viene chiamata tradizionalmente la ricorrenza del 15, è la terza dell’anno. Pur nella città semideserta, il duomo si riempie ogni anno di fedeli per venerare la Sacra Cintola in quella che è la festa mariana più importante dell’anno.


L’appuntamento con il rito solenne è per le 17: in cattedrale viene recitato il rosario, a cui segue il canto solenne dei vespri; alle 18 il vescovo si recherà nella Cappella per estrarre la reliquia - secondo la secolare tradizione - dal cofano dell’altare che la conserva gelosamente; poi, dopo averla incensata, la mostrerà per tre volte prima all’interno della cattedrale dalla loggia del Ghirlandaio e, successivamente, dal pulpito di Donatello ai fedeli in piazza. Sarà presente, come tradizione, una rappresentanza ufficiale dell’amministrazione Comunale. Al termine dell’Ostensione, il vescovo celebrerà in duomo la messa solenne.
L’Ostensione dell’Assunta è una delle cinque «canoniche» che si tengono durante l’anno.

Tra il Sacro Cingolo e l’Assunzione di Maria esiste un legame particolare: venerata come «icona» dell’incarnazione e della verginità di Maria, la reliquia fu donata (così tramanda la tradizione orientale) a San Tommaso dalla Madonna stessa, proprio mentre saliva al cielo.Secondo lo scritto apocrifo dello Pseudo-Giuseppe d’Arimatea, era il ricordo che l’Assunta donò all’unico apostolo che mancava al momento della sua glorificazione. E proprio la reliquia pratese ha lasciato un’impronta inconfondibile nella storia dell’arte: per tre secoli, dal Trecento fino al Rinascimento più maturo, l’iconografia dell’Assunzione di Maria ha sempre previsto il dono della Cintura a San Tommaso.

lunedì 26 maggio 2008

Il giallo del graal di Padre Pio


Una coppa misteriosa, che sarebbe appartenuta a San Pietro e rappresenterebbe un «dono di Dio» a San Francesco poi trasmesso a Padre Pio. Una lettera manoscritta con passaggi criptici, vergata con calligrafia chiara e giovanile dal santo stimmatizzato quando questi in realtà era ormai alla fine della sua vita, che attesta l’autenticità del vaso definendolo «in me Segreto» e «testimone di immensa luce». Un regista con interessi nel mondo dello spiritismo, pronipote del medico che curò Padre Pio, che si dichiara perseguitato e teme di essere messo a tacere dopo aver tentato in tutti i modi di raccontare la storia del graal. No, non state leggendo la trama di un nuovo thriller fantareligioso ma una storia approdata a «Striscia la notizia», il tg satirico di Canale 5.

Il protagonista si chiama Al (diminutivo di Alberto) Festa, regista cinematografico, 50 anni, parente di Giorgio Festa, il dottore che operò Padre Pio e ne esaminò le stimmate scrivendo una dettagliata relazione. A «Striscia», martedì scorso, Festa, basandosi su alcune foto della sepoltura del frate, ha dapprima sollevato dubbi su una possibile manomissione del corpo, facendo notare come i sigilli originali non figurassero sul vetro al momento della riesumazione e raccontando persino la «voce» di un presunto trasferimento delle spoglie in Vaticano. Su questo argomento i frati di San Giovanni Rotondo non hanno avuto problemi a chiarire, smentire e puntualizzare: nei giorni dell’esposizione del corpo, prima dei funerali, vennero eseguite varie ispezioni e un cambio di bara. Così, subito prima della tumulazione, i sigilli l’ultima volta vennero apposti non sul coperchio di vetro, ma sulla cassa di metallo, dove sono rimasti fino al 2 marzo scorso. Nessun mistero, nessun trafugamento, nessun segreto celato negli scantinati vaticani.

Ai microfoni di «Striscia», Alberto Festa ha però rilanciato anche la storia della lettera e del possibile «santo graal» di Padre Pio, da lui già annunciata con conferenza stampa il 26 novembre 2003, quando definì il vasetto «di incredibile importanza». In questi anni si era sempre creduto che Festa avesse trovato il graal, e la lettera che lo autenticava scritta da Padre Pio, tra gli oggetti del prozio, medico del frate.

In realtà le cose non sono andate proprio così. Si è trattato di un acquisto, per un valore di circa 75mila euro. Da un atto di citazione depositato al tribunale di Roma in data 12 gennaio 2006 risulta infatti che Festa ha comprato lettera e graal da un certo Emanuele Cervone, il quale ha fatto da intermediario tra i parenti di un frate, padre Cristoforo da Vico del Gargano, custode dell’oggetto, al quale a sua volta l’avrebbe donato nel marzo 1968 lo stesso santo di Pietrelcina. C’è di mezzo una causa, perché Festa, nel 2005, a fronte delle tante e autorevoli obiezioni ricevute sul documento e sul reperto, smise di pagare Cervone e ricevette da questi delle ingiunzioni di pagamento. Nell’atto di citazione scritto dall’avvocato di Festa, Antonella Rustico, si legge che la «genuinità e provenienza certa» dei due reperti non è stata «mai dimostrata» dal venditore.
Oggi quella causa è stata abbandonata e grazie a una transazione, Cervone e Festa si sono accordati. La lettera e il graal appartengono ora a pieno titolo al pronipote del medico del santo. Ma sono autentici? Esiste una perizia grafologica sulla lettera, redatta dal professor Alberto Bravo, e datata 2003 (dunque in data precedente al contenzioso tra Festa e Cervone), che conclude: «Le analisi di confronto confermano la riconducibilità della scrittura in verifica alla mano del Santo Padre Pio». Così come esiste una perizia secondo la quale sarebbe attestata l’età del vasetto, risalente al primo secolo. Lo stesso Postulatore generale dell’Ordine dei cappuccini, padre Florio Tessari, si è dichiarato in favore dell’autenticità della missiva. Chi invece non ci ha mai creduto è lo scomparso vicepostulatore della causa di beatificazione, padre Gerardo Di Flumeri, che bollò tutto come un falso, ricordando che nel marzo 1968 Padre Pio non scriveva più se non la sua firma e che quella calligrafia appare come troppo giovanile. «Sul santo graal esistono biblioteche piene di libri. Tutte leggende - osserva fra’ Antonio Belpiede, portavoce dei cappuccini della provincia di San Giovanni Rotondo - se ciò che presenta Festa fosse così importante e decisivo, avrebbe trovato da noi ogni porta spalancata».



Ecco il testo della missiva che Padre Pio avrebbe scritto nel marzo 1968 a padre Cristofoto da Vico del Gargano, facendogli consegnare il vasetto.

«A Padre Cristoforo da Vico del Gargano. Fratello, Dio mi chiama e ti affido i resti di umili segreti a me donati da cristiani fedeli, per consegnare a padre Fortunato da Serracapriola la ciotola che con la sua acqua bagnò le labbra di nostro Signore sul Calvario; al Signor Emmanuelino, accostato alla sacra mensa, la Lucerna che illuminò la strada dei cristiani al Colosseo; per te ti lascio il piccolo Vaso greco dell’Apostolo Pietro in me Segreto perché Dono di Dio a mio padre e testimone della immensa luce. Custodiscilo per i poveri... di fede».
Colpisce innanzitutto la grafia del documento, più simile a quelli vergati dal frate negli anni Trenta e Quaranta. E colpiscono quelle righe criptiche, esoteriche, assolutamente inusuali nelle lettere del santo del Gargano. «Più che Padre Pio sembra Nostradamus», confida un frate di San Giovanni Rotondo che chiede l’anonimato. Nulla si sa della fine degli altri oggetti citati: la ciotola dell’acqua sul Calvario, la lucerna dei cristiani al Colosseo.

Fonte - Il Giornale, art. di Andrea Tornielli, 23 Maggio 2008

lunedì 19 maggio 2008

Restaurata la Croce Santa con reliquie donate dal re di Francia Luigi IX



Conservato nella Pinacoteca di Castiglion Fiorentino (Arezzo) contiene le sacre reliquie donate nel 1258 dal re di Francia Luigi IX, in argento dorato, filigrana, smalti, perle, gemme e pietre dure che contiene due sacre reliquie: un frammento della Santa Croce ed una spina della corona di Cristo

Arezzo - La “Croce Santa” è tornata a splendere. Il prezioso reliquiario del XIII secolo conservato nella Pinacoteca di Castiglion Fiorentino (Arezzo) contiene le sacre reliquie donate nel 1258 dal re di Francia Luigi IX, in argento dorato, filigrana, smalti, perle, gemme e pietre dure che contiene due sacre reliquie: un frammento della Santa Croce ed una spina della corona di Cristo.

Restaurata dall'Opificio delle Pietre Dure di Firenze su incarico del Comune di Castiglion Fiorentino, proprietario dell'opera, la Croce Santa sara' esposta con opera lignea del XIV secolo, ed altri importanti materiali, prima di ritornare nella sua sede, fino al 31 maggio in una mostra dal titolo: ''Oro e legno. La devozione nell'arte medievale castiglionese. Il restauro della Croce Santa e della statua lignea di San Michele'' (Chiesa di San Filippo, Castiglion Fiorentino, Ar). Settecentocinquanta anni fa, il 24 agosto del 1258, il re di Francia Luigi IX dona personalmente a Fra' Mansueto (il francescano originario di Castiglion Fiorentino che rivesti' ruoli chiave per ben quattro pontefici) due preziose reliquie: un frammento della Santa Croce ed una spina della corona di Cristo. Nella primavera dello stesso anno, il frate viene inviato da Papa Alessandro IV, in qualita' di legato pontificio, a negoziare la pace tra Francia ed Inghilterra che sara' ratificata l'anno dopo, nel 1259, con il Trattato di Parigi.

Si tratta di un dono prezioso (basti pensare che il sovrano ha fatto erigere la monumentale Saint Chapelle solo per conservare le reliquie riportate dalla Terra Santa) che testimonia il riconoscimento dell'importante ruolo diplomatico svolto dal frate e la grande stima personale che il re nutre nei confronti di Mansueto. Non sappiamo se la Croce Santa fu donata dal re di Francia a Fra' Mansueto insieme alle reliquie oppure se fu realizzata successivamente, fatto sta che questo prezioso reliquiario e' da anni al centro di una querelle che divide gli studiosi tra quelli che l'attribuiscono ad una manifattura francese e quelli che la riconducano ad una senese.

Il restauro dell'opera, iniziato a gennaio di questo anno, oggi è tornata leggibile nei suoi valori originali che erano stati offuscati dal tempo. Oltre alla Croce Santa saranno in mostra a Castiglion Fiorentino: il prezioso sigillo in cera vergine di Luigi IX e il reliquario ligneo seicentesco che conteneva la lettera di accompagnamento del dono delle reliquie, oggi perduta ma di cui rimane una copia notarile nel monastero di San Francesco a Prato, datata 1270. Entrambi sono stati ritrovati solo recentemente nella chiesa di San Francesco a Castiglion Fiorentino.

il prezioso reliquiario (cm 43 x 35,5 senza base) detto comunemente Croce Santa e' un'opera di straordinaria qualita' che presenta dei bracci polilobati con punte raggiate. La superficie in argento dorato, lavorata su entrambe le facce, e' ricoperta da preziose filigrane realizzate anch'esse in argento dorato, su cui sono sistemate grandi gemme di molteplici colori, poste in alti castoni conici, ornati con cosiddette pietre cabochon. Sul davanti, all'incrocio dei bracci, e' disposta centralmente una piccola croce stauroteca (cm 7,2 x 6,7) in oro traforato e cesellato che custodisce la reliquia del Sacro Legno. Intorno ad essa sono disposti quattro piccoli medaglioni in e'maux de plique.

Fonte - Ign

martedì 11 marzo 2008

L'esumazione di Padre Pio in prospettiva storica

L'ESUMAZIONE DI SAN PIO? TUTTO LEGALE! LA STORIA INSEGNA


SAN GIOVANNI ROTONDO. È scoppiata, in questi giorni,la polemica per la riesumazione della salma del frate a San Giovanni Rotondo: un rito che può sembrare ad alcuni «macabro» e «necrofilo».

Ciò che invece bisogna sapere della tradizione cristiana. Il concetto della Chiesa come «comunione dei santi», e la visione della morte, vinta da Cristo risorto. La pratica nella storia.

Sull’esumazione del corpo di Padre Pio, si sono succeduti in questi giorni polemiche e atti giudiziari. Sino alla recente iscrizione del vescovo di Manfredonia-San Giovanni Rotondo, Domenico D’Ambrosio, nel registro degli indagati della Procura di Foggia. Difatti un’associazione, la «Pro Padre Pio», si batte per impedire la esumazione del cadavere del frate di Pietrelcina. Contro la consuetudine secolare della Chiesa.

Abbiamo chiesto a Franco Cardini, storico del Medioevo, un intervento sulla esibizione del corpo dei santi e sul culto delle reliquie.


Sacro corpo
Il culto dei santi nella cristianità
Perché non dobbiamo scandalizzarci di fronte a devozioni funeree

di FRANCO CARDINI



Come al solito, le polemiche nascono dall’ignoranza. Ignoranza – nessuno se ne adonti - nel senso etimologico e tecnico della parola: molti s’indignano, si scandalizzano, gridano all’orrore e al raccapriccio, semplicemente perché non sanno certe cose, non conoscono la storia, hanno anche a lungo vissuto senza porsi un sacco di problemi sui quali avrebbero ben dovuto interrogarsi.

Il cristianesimo pare a molti una religione banale: ci sono cresciuti più o meno dentro, o ai margini, o al di fuori ma tenendolo comunque d’occhio e considerandolo una cosa familiare: a Natale si fa il presepe, a Pasqua ci sono l’uovo e la colomba, battezzare i bambini in chiesa è bello e commovente, sposarsi davanti al prete è più solenne che non davanti al sindaco e via discorrendo.

Ma il cristianesimo, vissuto sul serio, è una fede dura e assurda: il cristiano ha l’obbligo di credere che un po’ di pane senza lievito e un po’ di vino, se un prete - che magari non è nemmeno una gran brava persona - ci pronunzia una formula sopra, diventano sul serio il Corpo e il Sangue del Cristo; ha l’obbligo di credere che alla fine dei tempi i corpi dei morti risorgeranno; e giù una lunga serie di assurdità.

E qualche cristianuccio che fino ad ora ha sempre creduto in Dio e spesso è andato anche in chiesa, si scandalizza adesso, e si mette a parlare di «macabro» e di «necrofilia », perché la Chiesa riesuma un cadavere? Ma siete vissuti sulla luna, fino ad ora?

Il cristianesimo, sta scritto, è «scandalo per i giudei, follia per i gentili». E difatti ebrei e pagani, per motivi differenti ma in concordia, aborrivano (e aborrono) perfino la vista dei cadaveri, considerata contaminante. Nel mondo antico greco e romano le «necropoli», le «città dei morti», stavano fuori di quelle dei vivi e rigorosamente separate da esse; e gli imperatori romani proibivano severamente la mutilazione e la parcellizzazione dei cadaveri, sia perché temevano che in qualche caso parti del corpo ad esempio di un oppositore politico dell’impero avrebbero potuto servire come reliquia per attivare un suo culto politico, sia perché spesso parti di corpo umano venivano asportate e usate per rituali magici.

Ma il Cristo, morendo e risorgendo, ha vanificato la morte. Non v’è più motivo di temere i cadaveri o di averne orrore: essi sono candidati alla resurrezione.

D’altronde, il cristianesimo è fondato sul sangue dei «martiri», cioè dei testimoni: sia di Gesù, Martire per eccellenza, sia di quanti lo hanno seguito e hanno dato la vita per lui. Fino dal I-II secolo dopo Cristo invalse fra i cristiani l’uso di raccogliere brandelli di abito e anche gocce di sangue di un martire e di conservarle a scopo di culto. Poiché la Chiesa è fondata sulla «comunione dei Santi», cioè sul rapporto intimo e profondo tra il Dio-Uomo e tutti quelli che sono nella Grazia, tutti sono viventi: e difatti non esistono «necropoli», città dei morti, bensì «cimiteri», parola greca che significa «dormitori», dove i fedeli dormono in attesa del risveglio.

Comunque, la reliquia - specie quelle costituite da parte di un corpo fisico - è una rottura rivoluzionaria sia con la tradizione ellenistico-romana sia con quella ebraica, che per motivi diversi tra loro prescrivevano comunque entrambe la rigorosa separazione tra i morti e i vivi e avrebbero ritenuto illecite e contaminanti sia la separazione d’una parte d’un cadavere dal resto del corpo di un defunto sia la sua conservazione.

Tuttavia anche nella Chiesa primitiva esistevano resistenze a tale pratica. Fu solo a partire dall’VIII che si diffuse la pratica della frammentazione dei corpi dei santi e del loro trasferimento dal primitivo luogo di sepoltura a un altro, la «translatio»; inoltre si preferiva ricorrere di solito, per distribuirle ai fedeli, alle cosiddette «reliquie per contatto», cioè a oggetti (di solito «brandia», frammenti di tessuto) che si depositavano qualche istante sulla tomba del santo come a permetter loro di «assorbirne » il potere taumaturgico.


Immagine tratta dal sito http://www.cinemavvenire.it/


Molti venerabili uomini di Chiesa attaccarono autorevolmente sia gli abusi cultuali, sia le superstizioni legate alle reliquie: così Claudio di Torino nel IX secolo, così soprattutto Guiberto, abate benedettino del monastero di Nogent fra XI e XII secolo, il cui trattato De pignori bus sanctorum - una requisitoria implacabile contro le falsificazioni e le superstizioni – fu poi scopiazzato nei secoli successivi da tutti i detrattori anticattolici del culto delle reliquie (da Giovanni Calvino al Voltaire), i quali però si guardarono bene dal citarlo.

Le reliquie principali dei santi erano e restano il loro corpo, o parti di esso: la pratica cristiana ha difatti consentito, per esigenze di culto, lo smembramento dei corpi dei santi. Si tratta comunque di una pratica che la Chiesa moderna tende a lasciar da canto: le reliquie dei santi sono oggi, soprattutto, parti del loro abito oppure oggetti ad essi appartenuti.

Il culto delle reliquie fu comunque, insieme con la vendita venale delle indulgenze, uno degli «scandali» contro i quali si scagliarono tra Medioevo ed Età moderna tutti i fautori delle riforme ecclesiali: fino alla Riforma protestante vera e propria e alla Controriforma, che ribadì la legittimità del culto ma accolse le giuste critiche ai suoi abusi e avviò una vera e propria caccia alle false reliquie che ancora fossero venerate nelle chiese. Naturalmente, ciò non toglie che molti falsi sfuggissero alle indagini, anche alle più accurate.

Oggi, la Chiesa può usufruire dei medesimi strumenti messi a disposizione della ricerca storica per correttamente datare un oggetto: le indagini mediante l’uso del C14, l’isotopo radioattivo del carbonio, del DNA e così via. Gli studi relativi alla «Santa Sindone» di Torino, ad esempio, sia pur caratterizzati da una problematica particolarmente complessa, hanno dimostrato quanto grandi servigi la scienza possa rendere al culto.

Va da sé che comunque da una parte la fede nelle reliquie non fa parte di alcun dogma, dall’altra che in qualche caso di sia pur dubbia autenticità la Chiesa può autorizzare il mantenimento - magari provvisorio, in attesa di raggiunte certezze – di un culto locale per rispetto alla tradizione e alla devozione dei fedeli.

Lo stato d’integrità di un corpo fisico, anche molto tempo dopo il decesso, è considerato un segno di santità, che si appura appunto attraverso la «ricognizione » dei resti, oggi espedita con i mezzi e gli strumenti che la scienza moderna pone a nostra disposizione. Naturalmente, l’integrità di un corpo dopo la morte non è, di per sé, ritenuta prova sufficiente di santità; né, al contrario, un corpo che abbia subìto il fisiologico processo di dissoluzione è perciò stesso ritenuto come appartenente a una persona che non ha raggiunto il livello della santità.

La Chiesa si muove in questi frangenti con estrema prudenza, come abbiamo visto nella recentissima ricognizione dei resti mortali di san Pio da Pietrelcina. La ricognizione continua ad essere un momento importante, prima della translazione del corpo di un santo da una sede all’altra. La Chiesa ha agito, anche in questo caso, in maniera del tutto conforme alla tradizione.


Reliquie, istruzioni per l’uso (e l’abuso)

La reliquia è nella tradizione ecclesiale cattolica un resto corporeo di santi o di sante, di beati o beate, oppure di qualche oggetto santificato dal contatto con loro. Casi molto particolari sono le reliquie della Beata Vergine Maria e, soprattutto, del Cristo: specialissime poi fra tutte sia le reliquie del legno della Santa Croce (o degli altri strumenti della passione: dalle spine a i chiodi), sia quelle del Santo Sangue del Signore, che possono aver avuto origine dal Suo Sangue versato durante la Passione o da quel particolare tipo di miracolo che è il «miracolo eucaristico».

Sul piano storico, la reliquia cristica è prova e pegno (in latino, appunto, «pignus») della comune salvezza, connessa con la realtà dell’Incar nazione.

A somiglianza di essa, le reliquie dei martiri sono pegno della comunione dei santi, che garantisce l’unità della Chiesa come Corpo Mistico sulla quale si fonda la certezza che i santi continuano a proteggere, come mediatori, la comunità dei credenti: ciò giustifica la fede nel potere miracoloso che le reliquie possono avere.

Anche gli antichi greci e romani conoscevano il culto delle reliquie degli eroi, alle quali però non attribuivano alcun valore taumaturgico.

Lo sconsiderato traffico delle reliquie - e quindi la circolazione di reliquie false, che si produssero nella Cristianità occidentale, specie tra VIII e XI secolo, e che erano collegati a fenomeni quali il pellegrinaggio - obbligò la Chiesa a correre ai ripari: s’introdusse l’obbligo delle «authenticae», documenti - talora ridotti a semplici etichette - che avrebbero dovuto assicurare identità e provenienza di ciascuna reliquia, si avviarono verifiche di esse («recognitiones») e nel 1215 il Concilio Lateranense IV proibì l’ostensione delle reliquie fuori dalle loro teche al fine di ridurre i fenomeni della falsificazione, della sostituzione e del furto.

[f. card.]

Fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno

http://garganopress.net/modules/news...p?storyid=7472

giovedì 14 febbraio 2008

Le analisi sulla Sindone potrebbero essere sbagliate




Intervista a Emanuela Marinelli, autrice di vari libri sulla Sindone

di Antonio Gaspari

ROMA, giovedì, 7 febbraio 2008 (ZENIT.org).- La Sindone torna a far parlare di sé. Il mistero dell’uomo impresso sul telo continua a far discutere gli scienziati.

L’ultimo in ordine di tempo è stato Christopher Bronk Ramsey, Direttore del Radiocarbon Accelerator di Oxford, uno dei tre laboratori, con Tucson e Zurigo, che datarono la Sindone nel 1988.

Il dottor Ramsey, in una intervista registrata dalla BBC che sarà trasmessa in Gran Bretagna il prossimo 22 marzo, ha ammesso che le rilevazioni fatte allora sulla Sindone, secondo le quali avrebbe avuto origine nel Medioevo, “potrebbero essere messe in discussione”.

A rivelare le dichiarazioni di Christopher Bronk Ramsey, è stato monsignor Giuseppe Ghiberti, Presidente della Commissione diocesana per la Sindone di Torino, durante una conferenza svoltasi a Novara e ripresa in prima pagina dal quotidiano “La Stampa” (26 gennaio 2008).

Secondo nuove scoperte, la tecnologia meno raffinata di vent’anni fa non sarebbe stata in grado di distinguere il carbonio originale del telo da quello acquisito dall’inquinamento ambientale.

Per capire in che modo queste dichiarazioni potrebbero gettare nuova luce sull’origine della Sindone, ZENIT ha intervistato Emanuela Marinelli, docente di Scienze Naturali e Geologiche, autrice di vari libri sulla Sindone e animatrice, insieme al fratello Maurizio Marinelli, del sito internet www.sindone.info.

Che cosa c’è di nuovo? Qual è la notizia?

Marinelli: Il 21 gennaio la Sindone è stata trasferita nella sacrestia nuova del Duomo di Torino per consentire un controllo della teca ad alta tecnologia in cui è conservata. In questa occasione i tecnici della società novarese Hal 9000 hanno effettuato riprese video e 1.650 fotografie che permetteranno la realizzazione di un’immagine ad altissima risoluzione, utile anche per studi scientifici. Il primo risultato è visibile su una parete del Duomo di Novara a partire dal 6 febbraio e fino al 30 marzo: un ingrandimento della Sindone di 21 per 9 metri, elemento centrale del progetto “Passio 2008” che animerà, con oltre cento appuntamenti, la Quaresima della Diocesi di Novara su iniziativa dell’Associazione Culturale «La nuova Regaldi». La gigantografia della Sindone verrà successivamente inviata a Sidney per la Giornata Mondiale della Gioventù.

Intorno alla reliquia ha pure lavorato una troupe della BBC che sta realizzando un film del regista David Rolfe. Il documentario andrà in onda in Gran Bretagna il 22 marzo, Sabato Santo.

Monsignor Giuseppe Ghiberti, Presidente della Commissione diocesana per la Sindone di Torino, intervenuto a Novara in un convegno dell’associazione culturale «La nuova Regaldi», ha anticipato i contenuti dell’intervista a Christopher Bronk Ramsey, archeologo, Direttore del Radiocarbon Accelerator di Oxford, che apparirà nel film della BBC. Monsignor Ghiberti ha riferito, in particolare, le importanti dichiarazioni che il dottor Ramsey avrebbe fatto in relazione alla datazione del 1988 che collocò l’origine della Sindone nel Medioevo: “è possibile che ci sia stato un errore”. Dunque quei risultati potrebbero essere messi in discussione dall’evoluzione tecnologica che ha reso nel frattempo più raffinata l’osservazione del carbonio 14.

Le dichiarazioni alla BBC del Direttore del Radiocarbon Accelerator di Oxford riaprono il dibattito sulla datazione della Sindone?

Marinelli: Il dibattito in realtà non si è mai chiuso, ma adesso la novità proviene da un autorevole esponente del fronte dei cosiddetti “carbonisti”, coloro che effettuano le datazioni e in genere difendono i loro risultati, tranne nei casi clamorosi di età assurde per il reperto esaminato, errori che di solito vengono spiegati dagli analisti stessi. Per la Sindone però non vollero sentire ragioni.

Ora il dottor Ramsey, pur precisando in un comunicato fatto pervenire a L’ItaloEuropeo il 31 gennaio che personalmente non ritiene che i nuovi studi possano mettere in discussione l’accuratezza della datazione radiocarbonica effettuata, è disposto a considerare con mente aperta tutte le proposte serie che spieghino perché quella datazione potrebbe non essere corretta e a condurre ulteriori esperimenti per verificare tali ipotesi. È una considerevole apertura.

Quanti e quali sindonologi aveva messo in dubbio l’analisi fatta sul lino della Sindone? E quali erano le loro argomentazioni?

Marinelli: Tutti i sindonologi del mondo, e sono centinaia, avevano contestato quel verdetto assurdo. Solo chi aveva condotto le analisi si ostinava a difenderlo, ovviamente insieme ai negatori dell’autenticità, gente che ha per la Sindone un rifiuto aprioristico, per partito preso.

Fra i sindonologi ci sono molti scienziati, anche non cattolici, che avevano giudicato l’angolo del prelievo non rappresentativo dell’intero lenzuolo per le manipolazioni subite, oltre a tutte le altre vicissitudini attraversate dalla reliquia.

Fra le varie ricerche condotte in merito spicca quella del chimico Raymond Rogers che ha dimostrato come quell’angolo sia stato addirittura rammendato. I suoi risultati sono stati pubblicati dalla prestigiosa rivista Thermochimica Acta, Vol. 425, 2005.

Quali sono le ragioni che la convincono circa l’autenticità della Sindone?

Marinelli: Tutte le ricerche confermano che quel lenzuolo proviene dalla Palestina dell’epoca di Cristo ed ha avvolto il cadavere di un crocifisso che può essere solo Gesù. Per approfondire tutte le ragioni dell’autenticità consiglio di visitare il sito www.sindone.info.

Cosa accadrà adesso, si rifaranno le analisi?

Marinelli: Il dottor Ramsey è già all’opera per verificare la nuova ipotesi che tiene conto delle condizioni in cui è stata conservata la reliquia. Il risultato sarà annunciato nel documentario della BBC. Per il momento non ha specificato se sta lavorando su un campione della Sindone o su altro materiale. Monsignor Ghiberti dal canto suo il 31 gennaio ha precisato: “Non sono a conoscenza di altri esami e a me non risulta che vi siano in giro campioni di materiale sindonico”. Però i tre laboratori che datarono la Sindone potrebbero non aver usato tutto il materiale che fu loro affidato: David Sox, che fu presente durante il test del 1988 condotto a Zurigo, scrisse nel suo libro “The Shroud unmasked” che in quel laboratorio il campione fu diviso in due e una metà fu conservata per eventuali ulteriori esami.

Cosa occorre ancora per dichiarare la Sindone autentica?

Marinelli: Nulla. Abbiamo già un’impressionante mole di dati a favore dell’autenticità. Ne cito uno per tutti: la Sindone ha una speciale tipologia della cimosa e una particolare cucitura che hanno trovato riscontro solo in tessuti rinvenuti a Masada, la località della Palestina che cadde nelle mani dei Romani nel 74 d.C. e non fu più abitata. Queste stoffe sicuramente giudaiche e sicuramente dell’epoca di Cristo sono riemerse dalla polvere della storia solo pochi anni fa, durante una campagna di scavi archeologici. Quale falsario medievale poteva essere a conoscenza delle manifatture giudaiche del primo secolo? Di che nuovi esami abbiamo bisogno? Per l’autenticità non serve altro. Se ulteriori analisi ci saranno, ben vengano, ma saranno solo conferme di quanto già sappiamo. L’unico mistero che rimane è l’origine dell’immagine: quel cadavere ha impresso nel lenzuolo il suo negativo come con una radiazione. È la luce di cui abbiamo bisogno per capire che non serve altro.

Fonte: Zenit, 7.2.2008

Nuove analisi sulla Sindone




Intervista a Gianfranco Berbenni, esperto in teologia e scienza

Di Paolo Centofanti

ROMA, martedì, 5 febbraio 2008 (ZENIT.org).- Nei giorni scorsi sono state pubblicate alcune notizie su una intervista della BBC al dr. Christopher Bronk Ramsey, Direttore del Radiocarbon Accelerator di Oxford, che avrebbero ulteriormente smentito i risultati delle analisi al radiocarbonio 14 effettuate proprio in quei laboratori nel 1988 e che facevano risalire la Sindone al Medioevo.

A quanto pare, si tratterebbe di indiscrezioni, trapelate da un colloquio privato, perché, stando a quanto rivelato in un comunicato della Oxford University, Ramsey avrebbe dichiarato solo l’opportunità di effettuare altre analisi, utilizzando le nuove tecnologie. Come stiano le cose, si saprà forse solo alla vigilia di Pasqua, quando la BBC manderà in onda l’intervista.

Nello stesso periodo, la Sacra Sindone è stata estratta dalla teca in cui è conservata da alcuni anni, per verificarne lo stato di conservazione, e ne è stata realizzata una gigantografia di 7 metri per 21, che verrà esposta all’esterno del Duomo di Novara, e poi durante la Giornata Mondiale della Gioventù, a Sidney, alla presenza anche del Pontefice.

Per avere un commento e una analisi in proposito, ZENIT ha intervistato padre Gianfranco Berbenni, Ofm Cap., docente del Corso "La Scienza e la Teologia di fronte alla Sindone", all'interno del Master in Scienza e Fede dell'Ateneo Pontificio “Regina Apostolurum”, nell'ambito del Progetto STOQ (Science, Theology and the Ontological Quest).

Come vede le eventuali novità relative alla Sindone e a possibili ulteriori smentite delle analisi al radiocarbonio 14 del 1988?

Padre Berbenni: Al di là delle indiscrezioni, penso che si apra una nuova epoca di indagini sulla Sindone, ormai sono trascorsi vent'anni da quel tipo di studi scientifici.

Il dr. Ramsey faceva parte del team di analisi del 1988?

Padre Berbenni: Lavorava nel laboratorio in cui furono realizzate le analisi. Diciamo che è la nuova generazione di scienziati che si sta affacciando alle indagini sulla Sindone. Molti della vecchia generazione ci hanno lasciato, anche fisicamente, e questa nuova generazione giustamente attua una ripresa delle indagini, dato anche l'affinamento delle metodiche e delle strumentazioni per le datazioni archeologiche intercorse.

Qualcuno ha parlato anche di una sorta di complotto, come se il milione di dollari messo in palio per chi verificasse la non autenticità della Sindone, avesse spinto gli scienziati, non diciamo a falsare, ma quanto forse a indirizzare i risultati finali

Diciamo che forse questo fa parte un po' del genere “gossip scientifico”. Alle voci non si deve dare molto credito quando non si hanno prove serie. Il problema forse è che ambedue i fronti, quello favorevole alla Sindone e quello contrario, erano abbastanza in conflitto tra loro, e forse ambedue mettevano in campo il meglio per quel periodo. Ambedue probabilmente hanno bisogno di revisione storica di quegli eventi, senza però, penso, entrare in ipotesi di quel tipo.

Prendendo spunto proprio da questa sua affermazione sul diffuso “gossip scientifico”, come valuta la comunicazione e l'informazione che di solito si fa sulla Sindone e in che misura, secondo lei, a volte viene utilizzata per spettacolarizzare l'informazione?

Padre Berbenni: Uno dei punti deboli, recentemente preso in esame anche dal Centro Internazionale di Torino, è proprio il controllo della qualità dell'informazione relativa alla Sindone. Per cui un buon ufficio stampa è fondamentale per dare ai giornalisti materiali di buona affidabilità. E' quindi più un compito di organizzazione della comunicazione, che un lamento su eventuali effetti sgradevoli, o informative incomplete; a quel punto se sono incomplete divengono più facilmente manipolabili.

Quindi la manipolazione dell'informazione può essere anche involontaria?

Padre Berbenni: Sulla volontarietà vi sono molti indizi, però al di là degli indizi non ci sono prove.

Cosa pensa della gigantografia che è stata realizzata della Sindone, e che verrà esposta prima a Verona e poi alla GMG a Sidney? C'è secondo lei il rischio che sia un modo di banalizzare un po' la Sindone, oppure no?

Padre Berbenni: L'essenziale è che questa iniziativa della gigantografia mantenga un po' quella signorilità della comunicazione, che la Sindone ha sempre creato attorno a sé. Per cui va bene l'iniziativa, l'essenziale è che un certo tono molto “sindonico”, tra virgolette, sia sempre garantito.

C'è qualche novità recente relativa agli studi sulla Sindone?

Padre Berbenni: Al di là dell'intervento di controllo sullo stato della Sindone in questi giorni, credo che la Chiesa non abbia intenzione di accelerare, almeno attualmente, nuove indagini. L'essenziale è la conservazione ottimale del reperto, cosa che dopo dieci anni circa dalla collocazione nella nuova splendida teca, è stata verificata.

Ci sono a volte nella comunicazione, nell'informazione, o anche nel modo in cui viene capita dalla maggior parte della popolazione, dei fraintendimenti sul significato teologico della Sindone?

Padre Berbenni: Purtroppo questo è uno dei settori più deboli attualmente, nella percezione popolare, nella percezione sociale su questo documento. Anche per la conflittualità che a volte lo contraddistingue. E' un documento splendido, ma al centro sempre di fieri scontri, anche di natura culturale, e a volte anche di posizioni teologiche.

Può parlarci delle teorie di scienziati o chimici sul modo in cui si sarebbe formata l'immagine della Sindone?

Padre Berbenni: Sostanzialmente ci sono due grandi scuole, il nostro Centro di Roma, che propende per una formazione fisico-chimica normale, e la maggioranza, almeno attuale, delle posizioni scientifiche, che vede formazioni con ipotesi che vanno dal misterioso, perché non hanno ancora basi dimostrate, all'esoterico.

Le ricerche sulla formazione dell'immagine sono molto legate alla qualità delle ricerche dello STURP, dal 1976 al 1988, ma con alcuni condizionamenti anche di partenza.

L'importante è che proseguano le indagini senza eccessi di posizioni, di “fantasia scientifica”, ma con libertà di indagine.

Quanto a noi, suggeriremmo di tornare ad ipotesi molto più semplici, “normali”, dato che abbiamo anche disponibile ormai la foto ad alta definizione del retro della Sindone, che generalmente, fino al 2002, non era analizzabile se non in alcune piccole parti; parlando un po' degli aspetti tecnici della formazione dell'immagine. La foto del retro completa è disponibile dal 2002, dall'estate in cui vennero realizzati interventi di restauro davvero eccellenti.

Una conclusione ideale di questa intervista?

Padre Berbenni: Sulla Sindone penso che sarebbe opportuno considerare sempre il grande valore, la centralità che questo documento ha per la cultura, per la scienza, e speriamo innanzitutto anche per la religione, la teologia.

Sempre centrale è la domanda: “chi è l'uomo avvolto nella Sindone”?

Padre Berbenni: Noi da sempre siamo propensi a ritenerlo il Cristo del Vangelo.

Fonte: Zenit, 5.2.2008

Sindone, datazione da rivedere




Uno degli scienziati coinvolti negli esperimenti per determinare, sulla base del test al radiocarbonio, la datazione della Sindone, il telo conservato a Torino che secondo la tradizione avvolse il corpo di Gesù nel sepolcro, rimette in discussione il clamoroso risultato del 1988. Quello dal quale risulterebbe che la Sindone è un manufatto dell’epoca medioevale. Il suo nome è Christopher Bronk Ramsey. Le sue parole sono state un po’ enfatizzate (non ha mai detto, in realtà, di ritenere falso il risultato dell’esame al radiocarbonio): quello che è certo è che Ramsey, oggi direttore del Radiocarbon Accelerator di Oxford, ha sostenuto in una intervista alla BBC – sarà trasmessa il Sabato Santo – che i risultati delle rilevazioni del 1988 potrebbero essere messi in discussione dall’evoluzione tecnologica che ha reso nel frattempo più raffinata l’osservazione del carbonio 14. Vale la pena di ricordare, en passant, qualche errore commesso proprio dai laboratori di Oxford, Tucson e Zurigo, i tre che hanno esaminato il campione di tessuto sindonico. Oxford ha datato alcuni dipinti su pietra sudafricani come risalenti a 1200 anni fa, mentre erano stati eseguiti appena undici anni prima del test. Il laboratorio di Tucson ha datato al 2006 d.C. un corno di mucca di epoca vichinga, cioè risalente a un periodo compreso tra il VII e il X secolo. Mentre il direttore del laboratorio di Zurigo ha ottenuto interessanti risultati con una tovaglia di lino di sua suocera: il tessuto, non più vecchio di mezzo secolo era risultato avere, secondo la datazione al carbonio, 350 anni. Trattandosi, nel caso della Sindone, di un telo antico che ha viaggiato, è stato esposto alla venerazione dei fedeli e al fumo della candele, ha subito un incendio e gli è colato attraverso dell’argento fuso, è ben possibile che qualcuno di questi elementi (o tutti insieme) abbiano contribuito a falsare il risultato. Da sempre contestato, quella datazione medioevale contrasta con una serie di altre evidenze – dalla presenza di pollini provenienti dalla Palestina alla fattura del telo fino all’inspiegabilità del modo in cui la misteriosa immagine è rimasta impressa – che fanno invece propendere per una datazione molto più antica, risalente al I secolo. La fede cristiana non dipende certo dall’autenticità della Sindone. Ma i dubbi di Ramsey fanno capire l’utilità di ulteriori esami. Un sito utile da visitare è quello del Collegamento pro Sindone.

Fonte: Blog Sacri Palazzi di Andrea Tornielli

Sindone Ramsey infuriato con La Stampa

Per dovere di cronaca riportiamo la controparte critica del CICAP e di alcuni suoi affiliati che si dicono discordi sulle ultime valutazioni effettuate. Pur non trovandoci in linea con questi Signori riteniamo comunque necessario concedere spazio alla Loro visione.

B.E.
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La Stampa di sabato 26 gennaio annunciava la rivelazione shock di Christopher Bronk Ramsey, direttore del Radiocarbon Accelerator di Oxford: i risultati della datazione al Carbonio 14 sono probabilmente sbagliati; ci sono stati problemi nel corso dell'esame effettuato nel 1988. (vedi l'articolo qui)

Ma il quotidiano torinese non riporta le parole precise di Ramsey: ad anticipare i contenuti di un'intervista al direttore inglese è infatti monsignor Giuseppe Ghiberti, presidente della Commissione diocesana per la Sindone di Torino.

I sindonologi reagiscono con entusiarmo. Emanuela Marinelli, intervistata al TG5, conferma che i dubbi ci sono sempre stati. Domenica 27 gennaio Pierluigi Baima Bollone rilascia una lunga intervista con lo stesso tono trionfalistico. Ma nessuno pensa di contattare Christopher Bronk Ramsey per una conferma o una smentita.

Nessuno, tranne Antonio Lombatti. In mezza giornata riceve una risposta infuriata da parte di Ramsey: "Considero quell'articolo (de La Stampa) molto irresponsabile, e intendo richiedere la sua rimozione dal sito web e la pubblicazione di una smentita. Quanto affermato non rappresenta minimamente quanto io penso e nonostante ciò il mio nome viene utilizzato a garanzia delle affermazioni riportate - cosa che il giornalista avrebbe dovuto verificare prima di pubblicare il pezzo. ... Considero altamente improbabile che la radiodatazione eseguita nel 1988 sia in qualche modo scorretta". Qui la smentita sul blog di Antonio Lombatti

Sindone, il giallo si riapre


"Potrebbe essere più antica"

Monsignor Ghiberti: "Non c'è da stupirsi: è la conferma che la scienza è relativa".
Scoop della tv inglese Bbc: sarà eseguito un nuovo test al carbonio 14 a Oxford
Spiega l'autore del film David Rolfe: "I dubbi nascono dalla conservazione del lino"


dal nostro corrispondente ENRICO FRANCESCHINI

LONDRA - Bastano poche parole per riaprire il giallo più intrigante della storia umana: "Sono convinto di avere forti prove che la Sindone risale a molto prima di quanto stabilito dalle ultime analisi". David Rolfe le pronuncia nel suo ufficio di Beaconsfield, sobborgo di Londra, tra monitor, lettori digitali, pile di Dvd, dove sta completando il montaggio di "La Sindone di Torino - le prove materiali", il documentario a cui lavora da anni, che la Bbc manderà in onda la sera del Sabato Santo.

È il secondo film che il pluripremiato regista britannico dedica all'argomento: il primo, "Testimone silenzioso", apparso nel 1978 e all'epoca trasmesso anche in Italia, cominciò a fare luce sui misteri del sudario che, ipotizza Rolfe, potrebbe equivalere alla "Polaroid della resurrezione". La nuova opera è ancora più ambiziosa, perché affronta il tema che ha messo in crisi il "partito dei credenti", cioè coloro che non dubitano che la Sindone sia il lenzuolo in cui fu avvolto il corpo di Gesù dopo la crocefissione sul Golgota.

Il tema è il test al carbonio 14, un esame eseguito nel 1988 da laboratori di Oxford, Tucson e Zurigo, per decifrare la datazione della Sindone: diede come risultato un intervallo di tempo tra il 1295 e il 1360, e molti lo ritennero la dimostrazione definitiva dell'inautenticità del controverso tessuto di lino, che veniva fatto risalire al Medio Evo, perciò ben più tardi dell'era di Cristo. Ebbene, il nuovo documentario di Rolfe sfida questa tesi, al punto da avere convinto Christopher Bronk Ramsey, direttore dell'Oxford RadioCarbon Accelerator e successore dello scienziato che condusse il test al carbonio vent'anni fa, a ripetere l'esperimento.

Non appena si è sparsa voce che l'esame al carbonio 14 verrà ripetuto, l'eccitazione della congrega di esperti di tutto il mondo che ruotano attorno alla Sindone è diventata incontenibile.

Il direttore del laboratorio di Oxford ha ammesso che il risultato del 1988 potrebbe essere sbagliato", si è lasciato scappar detto monsignor Giuseppe Ghiberti, presidente della Commissione Diocesana per la Sindone di Torino, in pratica il custode della Sindone per conto del Vaticano. "Non c'è da stupirsi", ha aggiunto l'alto prelato, "è la conferma che la scienza è relativa, e che successivi studi possono modificare quanto affermato in un primo tempo". A Oxford, il professor Ramsey è andato su tutte le furie: il test non è stato ancora completato e lui non ha mai dichiarato che l'esame del 1988 diede un responso "sbagliato".

Ma la suscettibilità tra religione e scienza, in materia di Sindone, è reciproca, e comprensibile, specie in uno studioso come Ramsey, che nel 1988 era poco più che ragazzo ma assistette al primo test al carbonio 14, divenne allievo e successore dello scienziato che lo effettuò, e ora, come nella teoria dell'eterno ritorno, si occupa di nuovo del rebus che lo ossessiona da una vita. Ramsey non parla con i giornalisti; ma l'autore del documentario accetta, insieme al suo assistente, Alessandro Pavone, un giovane filmografo italiano che lavora a Londra e che ha trattato con monsignor Ghiberti per filmare la Sindone.

"Il risultato del test di Oxford non glielo posso anticipare, perché ancora non lo so nemmeno io", spiega Rolfe, "e neanche Ramsey, essendo l'esame in corso. Lo saprete la sera del Sabato di Pasqua, quando la Bbc trasmetterà il documentario. Quel che posso dire, e che mi pare notevole, è che Ramsey ha ritenuto necessario ripetere il test del 1988".

A convincerlo è stato il progresso scientifico. Nel corso di studi in ambito meteorologico, racconta il documentarista, sono emersi nuovi elementi sul comportamento del carbonio 14, che le ricerche di Rolfe per il film hanno in seguito indicato come una chiave per riaprire l'indagine. "Non affermo che nel 1988 ci sia stato un errore", precisa Rolfe, "ma esistono dubbi sugli effetti della conservazione del lino in determinate condizioni".

È un linguaggio oscuro, ma non per chi conosce la romanzesca storia della Sindone. Quella documentata inizia nel 1353, a Lirey, in Francia, quando il cavaliere Goffredo di Charny dichiara di essere in possesso del lenzuolo che avvolse il corpo di Gesù.

Cent'anni dopo una sua discendente di nome Margherita vende la sacra reliquia ai duchi di Savoia, che la conservano a Chambery, dove nel 1532 sopravvive a un incendio, e poi dal 1578 a Torino, dove hanno trasferito la propria capitale e dove da allora è rimasta, anche dopo che Umberto II, ultimo re d'Italia, morendo l'ha lasciata in eredità al papa.

Poi c'è la storia non documentata, secondo cui la Sindone sarebbe stata occultata dagli apostoli, conservata dalla primitiva comunità cristiana, portata nel 544 a Edessa, in Mesopotamia (l'odierna Turchia), di lì trasferita nel 944, quando i musulmani occupano Edessa, a Costantinopoli, che nel 1204 viene saccheggiata dai crociati, uno dei quali l'avrebbe trafugata in Francia, dove un secolo e mezzo dopo finisce in mano a Goffredo. Infine, c'è la leggenda: la Sindone, il Mandylion (altra misteriosa reliquia cristiana) e il Santo Graal sarebbero in realtà la stessa cosa. Insomma, un romanzo, al cui confronto il "Codice da Vinci" è una favoletta per bambini.

"Nel Medio Evo le reliquie cristiane avevano immenso valore, per cui la tentazione di falsificarle a scopo di lucro era grande", osserva Rolfe. "Ma finora nessuno è riuscito a capire come sarebbe stato possibile falsificare la Sindone. Delle due, l'una: o è autentica, o è opera di un genio, di un Leonardo da Vinci, tant'è che qualcuno è convinto che sia stato l'autore della Gioconda a fabbricarla, sebbene le date non coincidano".

Il nuovo test al carbonio 14 potrebbe dunque dirimere o perlomeno riaccendere la questione, retrodatando il lenzuolo all'epoca di Cristo. Ed è possibile che il documentario nasconda un'altra sorpresa: "Quando la Sindone è stata fotografata per la prima volta, svelò l'immagine negativa, molto più netta di quella sul lenzuolo", conclude Rolfe. "Quando è stata scannerizzata per la prima volta, ha rivelato un'immagine tridimensionale. Noi l'abbiamo filmata per la prima volta in alta definizione". E cosa si vede? "Sto andando a montare le immagini. Lo scoprirete il Sabato Santo". Amen.

Fonte: Repubblica, 31.1.2008

Esami al C14 sulla Sindone errati

"Esami forse sbagliati"
Sindone, giallo senza età

Il lenzuolo di lino riapre il suo mistero: nuovi esami dimostrerebbero che risale a un'epoca medievale

VITTORIO SABADIN



TORINO

Christopher Bronk Ramsey, direttore del Radiocarbon Accelerator di Oxford, era poco più di un ragazzino quando gli scienziati del laboratorio nel quale già lavorava cercarono di datare il tessuto della Sindone. Il risultato dell’esame, effettuato nel 1988 con il metodo del carbonio 14, oltre che a Oxford, anche a Tucson e a Zurigo, stabilì che il lenzuolo custodito nel Duomo di Torino non poteva essere quello che aveva avvolto il corpo di Gesù dopo la crocifissione. Il decadimento delle particelle dell’isotopo radioattivo nel tessuto di lino indicava infatti una data tra il 1260 e il 1390, in pieno Medioevo.

Ma quell’esame forse era sbagliato. Il dottor Ramsey, il quale passa il suo tempo a datare ossa di dinosauro e uomini di Neanderthal, ha dichiarato in un’intervista alla Bbc, che verrà trasmessa alla vigilia di Pasqua, che i risultati delle rilevazioni dell’88 potrebbero essere messi in discussione dall’evoluzione tecnologica che ha reso nel frattempo più raffinata l’osservazione del carbonio 14. Ad anticipare i contenuti dell’intervista è stato monsignor Giuseppe Ghiberti, presidente della Commissione diocesana per la Sindone di Torino, intervenuto a Novara a un convegno dell’associazione culturale «La nuova Regaldi».

Monsignor Ghiberti, che non ha mai avuto bisogno del conforto di esami scientifici per restare impressionato dalla corrispondenza tra il racconto letterario dei Vangeli e l’immagine impressa nel lenzuolo, ha spiegato che il ripensamento del dottor Ramsey è dovuto probabilmente alle stesse ragioni che all’epoca erano state addotte per contestare la datazione medioevale: la Sindone non è arrivata agli scienziati del Novecento in un contenitore sigillato. È stata esposta all'aria, custodita in condizioni che non conosciamo, maneggiata e parzialmente bruciata nell’incendio del 1532 della cattedrale di Chambéry, trasportata dalla Palestina in Francia. Un lungo e tormentato viaggio nei paesi e nei secoli, che può avere contaminato il lenzuolo rendendo l’esame del C14 approssimativo. Lo stesso chimico statunitense Willard Frank Libby, che aveva ideato il metodo e vinto il premio Nobel per questo, aveva sconsigliato di applicarlo alla Sindone. Ramsey avrebbe scoperto che la datazione di una particolare materia organica presente sul lenzuolo varia proprio a seconda delle condizioni in cui è stata custodita, cosa che nell’esame del 1988 era ignota agli scienziati.

La Sindone di Torino riapre dunque il suo mistero, che ci accompagna da secoli e sembra non trovare mai una soluzione. Quando il criminologo svizzero Max Frei Sulzer scoprì che sul tessuto di lino sono presenti spore e pollini caratteristici della Palestina venne duramente contestato e accusato di avere manipolato i risultati. «Frei - dice monsignor Ghiberti - era stato straordinariamente preciso. Le spore che aveva individuato erano caratteristiche di una zona che andava da Gerusalemme a una zona limitrofa nel deserto arabico». Se si trattava di un falso medioevale, come l’esame dell’88 aveva affermato, era stato sicuramente molto ben congegnato: il lino è filato e tessuto a mano a spina di pesce e con torcitura in senso orario, una tecnica usata in Medio Oriente ai tempi di Gesù. Sul lenzuolo sono state inoltre trovate fibre di cotone (che all’epoca era coltivato in Egitto e Palestina, ma non in Europa) e nessuna fibra di lana, in osservanza della legge mosaica che nel Deuteronomio (22,11) prescrive di tenere separata la lana dal lino.

«Questi sono indizi importanti - afferma monsignor Ghiberti - ma la verità è che nessuno scienziato è riuscito finora a spiegare come sia stato possibile imprimere l’immagine sul lenzuolo. Qualunque ricercatore coscienzioso è costretto ad ammettere che questo è ancora un mistero irrisolto». Ma non è il solo: l’incredibile corrispondenza dei tratti con quella di un corpo crocifisso lascia ancora attoniti tutti gli osservatori, come avvenne nel 1898 quando un fotografo notò per la prima volta che l’immagine impressa in negativo era molto più riconoscibile di quella in positivo. L’uomo della Sindone è un maschio di circa 30 anni, con tratti mediorientali, muscoloso e più alto della media dell’epoca, abituato a lavori manuali. Le tracce di sangue raccontano il suo martirio, l’assenza dei pollici delle mani, ripiegati all’interno, confermano la lesione del nervo mediano, provocata dai chiodi infissi nei polsi.

«Questa visione di sofferenza - afferma monsignor Ghiberti - ci lascia attoniti per due caratteristiche toccanti, che non sono presenti in altri racconti di crocifissioni: la corona di spine e il colpo di lancia inferto a un cadavere, come dimostrato dagli esami del professor Baima Bollone. È l’osservazione di questi particolari confrontata con il racconto del Vangelo di Giovanni ad avermi convinto che ci sono altissime probabilità che nella Sindone si veda proprio il corpo di Cristo».

Fonte: La Stampa, 26.1.2008

Il Vaticano contro eBay: "Commercio blasfemo" di reliquie


Mille e seicento euro per il reliquiario di San Vincenzo de’ Paoli, 30 euro per una ciocca di capelli di Santa Teresa di Gesù Bambino, frammenti ossei di sei santi in «offerta speciale» a 430 euro, un brandello della tunica di Santa Rita da Cascia o di San Francesco d’Assisi con base d’asta 27 euro. Allarme in Vaticano per la vendita come amuleti e talismani su eBay (il sito del commercio via web) di resti umani, ossa e sacre reliquie, in violazione del codice penale e di quello del diritto canonico.

L’Osservatorio di Telefono Antiplagio ha denunciato alla Santa Sede la compravendite telematica di reliquie «ex ossibus» (cioè provenienti dalle ossa) di santi e beati convalidate da antiche pergamene e ora il Vaticano, attraverso il prefetto della Congregazione delle Cause dei santi, interviene per stigmatizzare il «business sacrilego». Il cardinale José Saraiva Martins richiama il canone 1190 del diritto canonico che vieta la vendita delle reliquie «insigni» e di quelle onorate da grande pietà popolare.

Tessuti umani, resti di organi e ossa, un giro d’affari che, quando non ha a che fare con il raggiro, nasce spesso dal saccheggio di tombe e siti archeologici o alimenta forme di satanismo, documenta il Telefono Antiplagio. «E’assolutamente illecito vendere reliquie - deplora il ministro vaticano delle Cause dei santi -. Gli oggetti per essere autentici devono avere la conferma dell’autorità ecclesiastica. Senza l’attestazione scritta, una reliquia è falsa, come ritengo che siano in larga parte quelle in vendita su Internet». Spetta al postulatore della causa, attestare l’autenticità della reliquia di un santo o di un beato. «Nel caso di Padre Pio, per esempio - spiega il cardinale - la competenza è dei Cappuccini. All’asta su Internet sono segnalate molte parti delle ossa di santi o beati, c’è il rischio che siano state trafugate». Ad allarmare la Santa Sede è soprattutto la loro destinazione. «Prima bisogna accertare se sono autentiche, poi vigilare sull’utilizzo. Le sacre reliquie sono una cosa molto seria e importante - avverte Saraiva Martins -. Il pericolo è che, se usate male, favoriscano la superstizione o sette sataniche le acquistino per farne scempio, distruggerle, ribaltarne il significato in cerimonie blasfeme».

I vertici di eBay assicurano di essere a conoscenza del problema e di aver allestito una «task force» di esperti per bloccare questo commercio. Intanto basta un click per farsi inviare il «kit» Sant’Ignazio, San Francesco o Santa Rita. Nel Medioevo c’era la caccia alle reliquie, sono state fatte anche guerre. Le Repubbliche marinare andavano in giro per il Mediterraneo, combattevano, trafficavano e portavano a casa le reliquie come bottino. Basta pensare, a San Bartolomeo, San Matteo, a Venezia che sottrasse Santa Lucia alla città di Siracusa. Quanto più la reliquia ha attinenza diretta con la persona venerata, tanto più è oggetto di culto: un osso di un santo è reliquia in grado diverso rispetto a un suo vestito. Si venera il santo e la persona in via di beatificazione e canonizzazione». E, dunque, tutto ciò che ha attinenza con lui. A Roma, per esempio, molte chiede conservano oggetti di santi popolari come san Corrado, cioè parti dei loro corpi, calici, pianete, paramenti liturgici con cui hanno detto messa. «Nel sito italiano http://www.ebay.it compare una lista di inserzioni che hanno per oggetto articoli e rimanenze di imprecisata natura, appartenenti a santi e beati, senza ulteriori informazioni», attacca il coordinatore nazionale del Telefono antiplagio, Giovanni Panunzio, che oltre alle reliquie «ex ossibus» cita decine di reliquie «ex indumentis», ovvero pezzi di vestiti, parti di abiti indossati da un santo o da un beato. Un web-reliquiario che consente a chiunque, in ogni angolo del pianeta, di entrare in possesso di un frammento dei resti mortali o di un paramento sacro di un santo per richiedere una grazia o farne qualsiasi altro uso.


Fonte -
http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplr ... zione=News, 11/2/2008 - RELIQUIE ALL'ASTA - di GIACOMO GALEAZZI

lunedì 14 gennaio 2008

Prato e la Sacra Cintola

La Sacra Cintola, chiamata anche Sacro Cingolo, è considerata la cintura della Madonna ed è la reliquia più preziosa di Prato, fulcro della religiosità cittadina. È custodita nell'omonima cappella del Duomo della città.

Il vescovo di Prato (Gastone Simoni) ostende la Sacra Cintola dal pulpito del Duomo
Il vescovo di Prato (Gastone Simoni) ostende la Sacra Cintola dal pulpito del Duomo
La Cappella del Sacro Cingolo nel Duomo
La Cappella del Sacro Cingolo nel Duomo

Attraverso il suo culto, ha contribuito alla crescita economica e demografica della città. Si tratta di una cintura di lana di color verde, ricamata con alcuni fili d'oro, che la tradizione vuole che appartenesse alla Vergine Maria, che la diede a San Tommaso come prova della sua Assunzione in cielo.

La reliquia sarebbe stata portata a Prato dal mercante pratese Michele Dagomari nel 1141, di ritorno da un viaggio a Gerusalemme, che la ricevette in dote da una giovane che aveva sposato in quella città. Il Dagomari custodì gelosamente la cintura in casa sua fino alla fine della sua vita. Prima di morire, la donò al preposto della Pieve di S. Stefano (l'attuale Duomo, dove viene conservata ancora oggi). Inizialmente conservata nell'altare maggiore, a seguito di un tentativo di furto da parte di un pistoiese, venne espropriata dal comune e dalla cittadinanza al controllo ecclesiastico diretto (attualmente solo una delle tre chiavi che la custodiscono è del vescovo) e posta all'ingresso della chiesa.

Successivamente venne costruita una cappella apposita sul fianco sinistro della chiesa, all'altezza della facciata. Più in generale, l'intera Cattedrale subì per questo parecchi rifacimenti fino al XV secolo.

La reliquia è ancora oggi conservata in questa cappella, affrescata interamente da Agnolo Gaddi con le Storia di Maria Vergine e della Cintola stessa. Sopra l'altare settecentesco dove viene conservata la reliquia è collocata la piccola ed elegante statua della Madonna col Bambino, opera di Giovanni Pisano (1301).

Oggigiorno, essa viene mostrata pubblicamente (Ostensione) cinque volte all'anno, cioè per Natale, Pasqua, il primo maggio (Festa dei lavoratori), il 15 agosto (Assunzione di Maria), e in particolar modo l'8 settembre (Natività di Maria). L'Ostensione viene fatta alla folla radunata nella piazza del Duomo dal pulpito esterno, costruito su progetto di Michelozzo e decorato da Donatello.

Il furto della reliquia

Il segno della mano di Musciattino
Il segno della mano di Musciattino

La leggenda narra che il canonico pistoiese Musciattino abbia tentato di impadronirsi della reliquia della Cintola, per portarla nella propria città. Quando però uscì da Prato, si perse nella nebbia che avvolgeva la campagna circostante e, senza rendersene conto, tornò al punto di partenza. Credendo di essere giunto a Pistoia, gridò alle porte della città: "Aprite, aprite Pistoiesi: ho la Cintola de' Pratesi!".

Il ladro venne così catturato, condannato al taglio della mano destra, e successivamente al rogo. Si narra inoltre che, dopo che in piazza del Duomo gli fu mozzata la mano, la folla inferocita abbia scagliato l'arto tagliato verso la chiesa, cosicché esso abbia lasciato su una pietra una macchia di sangue a forma di mano. Tale segno è visibile ancora oggi (con tutta probabilità si tratta di una venatura rossa del marmo) sulla pietra dell'angolo in alto a sinistra della seconda porta (quella più vicina al campanile) del fianco destro della Cattedrale.


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CENNI STORICI SULLA RELIQUIA DEL SANGUE PREZIOSISSIMO DI NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO


CENNI STORICI SULLA RELIQUIA DEL SANGUE PREZIOSISSIMO DI NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO

È tradizione degna di fede che la reliquia del Sangue versato da Cristo a redenzione del mondo sia giunta alla città di Luni assieme al Volto Santo di Lucca nell'anno 782. Il Venerdì santo di quell'anno il Vescovo di Luni, Apollinare, e il Vescovo di Lucca, Giovanni, raccolsero sulla spiaggia di Luni un legno che aveva portato in salvo le due reliquie. Secondo tradizione Nicodemo di Arimatea, sul Calvario, aveva riempito un'ampolla col sangue di Cristo ed aveva poi scolpito una croce con l'immagine del Salvatore, per contenere l'ampolla. Approdate fortunosamente sulla spiaggia di Luni la Croce, definita Sacro Volto, fu portata a Lucca dove è conservata, mentre la Reliquia rimase a Luni. Da Luni fu poi trasferita a Sarzana nel 1204, anno della traslazione della sede episcopale.

Antichi documenti attestano il vivo culto che la preziosa Reliquia ha avuto nei secoli nelle terre di Luni. Fra i più importanti si possono citare i seguenti:

  • Atto di infeudazione del Castello di Volpiglione fatta da Raimondo, vescovo di Luni nel 1168. Fece obbligo agli uomini di detto Castello di intervenire, ogni anno, alla festa del Sangue portando ceri e conducendo persone capaci di accompagnare con strumenti musicali le salmodie del coro.
  • Decreto 25 Ottobre 1228 (carta 200 del Codice Pelavicino) col quale Guglielmo, vescovo di Luni, fissò grave multa ai canonici che, senza legittimo impedimento, fossero assenti alla festa del Sangue.
  • Decreto dell'anno 1237 (carta 400 Cod. Pel.) con il quale l'ora detto Vescovo fece obbligo di intervenire alla festa del Sangue all'Abate del monastero del Corvo, nonché all'Abate e ai monaci del monastero di Ceparana.
  • Rogito 24 Luglio 1259, con cui il nominato Vescovo Guglielmo fece obbligo all'arciprete di S. Prospero di Colognola (poi Vezzano Alto) di fornire all'Abate di Ceparana e a due persone del seguito, la cavalcatura, dal giorno della vigilia, per intervenire alla festa del Sangue.
  • Rescritto dell'anno 1320 con cui Papa Giovanni XXII, fissò la solennità del Sangue per il lunedì seguente la festa della SS. Trinità (come, da allora, anche oggi viene celebrata).
  • Bolla 1o maggio 1447 con la quale il Papa sarzanese Nicolò V, nel desiderio di assecondare il fervore dei fedeli che "con somma devozione venerano la Reliquia del Sangue del Signore nostro Gesù Cristo, nella chiesa di Santa Maria a Sarzana, diocesi di Luni" concesse indulgenze ai pellegrini che nella festa del Sangue, a partire dai primi vespri della SS. Trinità, visitassero la detta Chiesa.
  • Rescritto 13 Settembre 1747 con cui il Papa Benedetto XIV concesse a Sarzana, per la festa del Sangue, l'ufficiatura propria dopo averne rivisto personalmente e definitivamente formato il testo, che era stato preparato da P. Andrea Budrioli della Compagnia di Gesù. Il detto ufficio venne recitato per la prima volta nella Diocesi di Luni-Sarzana nel 1749. Fu esteso poi a tutta la Liguria nel medesimo anno e, successivamente nel 1752, alla Repubblica di Lucca; nel 1754, alla Repubblica di Venezia e, finalmente, a tutto il mondo cattolico dal Papa Pio IX, esule a Gaeta.

Nel 1596 Salvago, Vescovo di Luni-Sarzana, dispose che la preziosa Reliquia venisse collocata in un nuovo ostensorio. E venne fatto l'artistico lavoro che si ammira ancora nel presente. Per volontà del medesimo Vescovo, si iniziò anche la costruzione del tempietto in cui la Reliquia si trova conservata. Alle spese occorrenti concorsero, in nobile gara, l'Opera della Cattedrale, il Vescovo, il Capitolo e i fedeli della diocesi.
Innanzi alla preziosa Reliquia si sono prostrati Santi, Pontefici e Sovrani. Basti ricordare: S.Francesco d'Assisi, S. Domenico di Gusman, S. Caterina da Siena e, fra i Pontefici, Paolo III e Nicolò V; fra i Sovrani l'imperatore Federico III, Carlo V, Carlo VIII, Maria Adelaide sposa di Vittorio Emanuele II e, fra le anime grandi, si pensa di poter annoverare Dante Alighieri.
Dai secoli passati il fervore religioso è pervenuto ai giorni nostri e si mantiene vivamente acceso nel cuore dei fedeli non della sola diocesi di Sarzana ma di tutta la Lunigiana. Ne è la prova la moltitudine di pellegrini che, in occasione della festa del Preziosissimo Sangue affluisce alla Cattedrale Basilica di Sarzana, nella quale la insigne Reliquia potentemente attrae le anime a contemplare il Mistero del Sangue versato da Cristo sulla Croce.
Questo slancio di fede ha trovato anche negli anni più recenti adesione e conforto da parte delle Autorità Ecclesiastiche: nel 1933 il Vescovo Giovanni Costantini volle solennissime le feste per il XIX centenario della Redenzione. Nel sinodo tenuto nel settembre del 1936 ne fece oggetto di legislazione diocesana perché, aggiornando norme già stabilite nel sinodo che nel 1887 era stato tenuto dal Vescovo Giacinto Rossi, fissò particolari regole (articoli 494-499) affinché il culto della Sacra Reliquia si svolgesse con la massima riverenza e solennità.
Eguale riconoscimento e adesione al fervore delle popolazioni della Lunigiana ha dato il Vescovo, Mons. Giuseppe Stella, che ha voluto nel 1951, come Missione Giubilare, la "Peregrinazio Sanguinis " in tutti i centri delle tre diocesi da lui governate.
L'anno 1982 ha segnato il XII Centenario dell'arrivo a Luni della Reliquia del Preziosissimo Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo. Numerose sono state le celebrazioni che hanno visto la Reliquia al centro della pietà dei fedeli che sono arrivati da ogni parte della Diocesi e dalle Diocesi vicine. Il Vescovo Mons. Siro Silvestri ha voluto poi ricordare il fatto storico con una lettera pastorale, nella quale richiama i fondamenti teologici della devozione e del culto nel Sangue Prez.mo di Cristo; il frutto del perdono e della pace; la devozione attraverso i secoli; come si esprime la devozione e la devozione al Prez.mo Sangue nella Cattedrale di Sarzana.
Anche negli ultimi anni, come in passato, Vescovi e Cardinali, venendo da altre Diocesi e da Roma, hanno accettato con entusiasmo di partecipare alla festa annuale, accrescendone, con la loro presenza, la solennità e il clima spirituale.
Ricordiamo, infine, che intorno all'anno 1700 fu costituita nella Cattedrale di Sarzana la Confraternita del Preziosissimo Sangue; i confratelli si impegnavano per l'amore costante alla passione di Cristo nella partecipazione al sacrificio della Messa e si impegnavano nell'amore al prossimo con opere di misericordia. Nel 1815, grazie al collegamento della Confraternita con l'Arciconfraternita del Preziosissimo Sangue di Roma, ha origine la Coroncina al Preziosissimo Sangue che è una meditazione divisa in sette punti sugli episodi in cui Gesù versa il suo Sangue.
Nel 1877 il Vescovo Mons. Giacinto Rossi istituisce la Congregazione del Preziosissimo Sangue che è tutt'ora fiorente. Essa ha l'impegno di diffondere la devozione al Preziosissimo Sangue, di promuovere con zelo il culto e di stimolare negli aderenti la virtù della carità che promana dalla vera devozione al Sangue di Gesù.
Notizie e valutazioni complete sulla devozione al Prez.mo Sangue possono essere lette nel pregevolissimo volume pubblicato con il titolo: La devozione al Prez.mo Sangue di N.S. Gesù Cristo nella Diocesi di Luni-Sarzana. Ne è autore il Parroco della Cattedrale di Sarzana Mons. Piero Barbieri.

Fonte - Cattedrale di Sarzana

Reliquie, quale valore?


di Lorella Pellis

La reliquia, nella tradizione ecclesiale cattolica – spiega lo storico Franco Cardini –, è un resto corporeo di santi o di sante, di beati o beate, oppure di qualche oggetto santificato dal contatto con loro. Casi molto particolari sono le reliquie della Beata Vergine Maria e, soprattutto, del Cristo: specialissime poi sono le reliquie del legno della Croce e quelle del Sangue del Signore». «Sul piano storico, la reliquia cristica – spiega ancora il medievista fiorentino – è prova e pegno (in latino, appunto, pignus) della comune salvezza, connessa con la realtà dell’Incarnazione; a somiglianza di essa, le reliquie dei martiri sono pegno della comunione dei santi, che garantisce l’unità della Chiesa come Corpo Mistico sulla quale si fonda la certezza che i santi continuano a proteggere, come mediatori, i credenti».

Nei giorni scorsi, le reliquie sono tornate alla ribalta, almeno in Toscana, per due fatti molto diversi tra loro: da una parte l’ostensione straordinaria del Sacro Cingolo a Prato con il cardinale di Torino, Severino Poletto; dall’altra gli esiti di una ricerca con il carbonio 14 sul saio francescano conservato in San Francesco a Cortona e su quello conservato in Santa Croce a Firenze. Dalle analisi sulle reliquie, condotte dal Laboratorio di tecniche nucleari per i beni culturali dell’Istituto nazionale di fisica nucleare, il saio di Cortona sarebbe coevo alla vita del Santo, mentre quello custodito in Santa Croce, al contrario, sarebbe successivo alla morte avvenuta nel 1226.

In questo secondo caso affiora un mistero, che può persino diventare affascinante. E niente toglie che quel saio sia appartenuto a un discepolo di Francesco, magari a San Bonaventura. Certo è anche che le reliquie sono state nel tempo «oggetto di scambi, commerci, furti e falsificazioni – come afferma Anna Benvenuti – docente di Storia medievale all’Università di Firenze. A fare delle reliquie una “merce” pregiata contribuiva l’opinione di una loro virtù e taumaturgica valida non solo per i singoli fedeli ma anche per le terre che le ospitavano». L’apporto di reliquie in Occidente divenne più significativo quando tra XII e XIII secolo, grazie anche alle crociate, dice ancora la studiosa, «si intensificarono i rapporti con l’oriente cristiano. La stessa istanza di legittimazione spingeva le città portuali italiane a procacciarsi reliquie. Legittimate da racconti fiabeschi alcune di esse inserirono anche la Toscana medievale nel palinsesto della traslazione simbolica che trasferiva in Occidente la sacralità memoriale della Terra Santa, contribuendo a rafforzare il gioco degli antagonismi e delle rivalità comunali. Esemplare è la contesa che avrebbe coinvolto Luni, Lucca ed infine anche Pisa nel “processo di aggregazione mitica” evocato dalla presenza di quelle reliquie del santo sangue di Beirut che circolarono nel mediterraneo occidentale entro le grandi stauroteche antenate del Volto Santo di Lucca. Rielaborate per lo più tra XIII e XIV secolo, le leggende con le quali si giustificava il prestigio religioso municipale si coniugarono con istanze di tipo politico, come nel caso di Prato, che riuscì a legittimare il proprio desiderio di autonomia rispetto alla sua matrice diocesana, Pistoia, proprio grazie al possesso di una prestigiosa reliquia mariana, la Cintura della Vergine». In ogni caso, precisa Cardini, «la fede nelle reliquie non fa parte di alcun dogma e in caso di dubbia autenticità la Chiesa può autorizzare il mantenimento – magari provvisorio – di un culto locale per rispetto alla tradizione e alla devozione dei fedeli».

Ma qual è l’atteggiamento che i fedeli dovrebbero manifestare nei confronti delle reliquie? «I fedeli – spiega don Franco Brogi, liturgista e presidente della Commissione per il culto divino della diocesi di Fiesole – sono chiamati a coltivare con equilibrio l’omaggio che si deve a coloro che a imitazione di Cristo hanno vissuto la perfezione della carità e che, riconosciuti come tali dall’autorità ecclesiastica, godono di pubblica venerazione. Dunque toccare una reliquia, pregare di fronte ad essa significa riaffermare la fede nella comunione dei santi in Cristo ed impegna alla imitazione del Figlio di Dio, incarnato, morto e risorto, del cui volto sono immagine luminosa i Santi. È legittimo, dunque, venerare una reliquia, ma il ricorso ai santi è subordinato al ricorso al Cristo, unico Salvatore degli uomini. L’omaggio più autentico che il popolo di Dio può tributare a un santo – conclude don Brogi – è di festeggiare il suo anniversario attraverso la celebrazione della Messa: da ciò consegue la grazia e il desiderio di trasformare la propria vita, come ha fatto il Santo che onoriamo, a immagine del Corpo e del Sangue di Cristo offerti sull’altare».

Fra le più note

Ci sono i corpi dei Santi custoditi nelle chiese Toscane, moltissime reliquie, spesso solo frammenti, sono sparse nelle sacrestie, ci sono poi le tavole miracolose e via dicendo.
Difficile, per non dire impossibile, fare un elenco completo di tutte le reliquie presenti nella nostra regione. Di seguito ne elenchiamo alcune, sicuramente fra le più conosciute:

  • Cintura della Vergine (Prato)
  • Braccio di san Filippo (Firenze),
  • Dito di San Giovanni (Firenze)
  • Santo Sangue (Luni/Sarzana)
  • Santo Volto (Lucca)
  • Santa Spina (Pisa)
  • San Nicodemo (Pisa)
  • Santo Chiodo (Colle)
  • Santo anello della vergine (Chiusi anticamente, poi Perugia)
  • Santo Latte di Montevarchi
  • San Jacopo a Pistoia

Dalla Cintola della Vergine l’identità dei Pratesi

Nella composita leggenda elaborata per giustificare l’autenticità della Cintola, conservata nel Duomo di Prato, il protagonista della santa acquisizione, Michele, è rappresentato come un artigiano condotto in Levante dai suoi affari nell’epoca in cui più intensi si facevano i rapporti commerciali delle città italiane con l’Oriente «crociato». Egli avrebbe in quelle terre lontane conosciuto e sposato la figlia di un sacerdote gerosolimitano cui era stata affidata la custodia della cintola che Maria, in segno di predilezione, aveva lasciato all’apostolo Tommaso al momento dell’Assunzione. Mimetizzata tra gli oggetti che componevano la dote della giovane sposa, una volta giunta a Prato la reliquia era stata riposta da Michele, ignaro della natura sacra dell’oggetto, in un cassone. Per quanto a più riprese insospettito da eventi straordinari verificatisi intorno a quell’improprio reliquiario, egli avrebbe mantenuto il segreto sulla cintola portata da Gerusalemme fino alla vigilia della morte, quando ne rivelava l’esistenza ad Uberto, preposto di Santo Stefano, stabilendo di affidarne la custodia al clero della pieve. Qua una serie di manifestazioni e miracoli taumaturgici attestavano pubblicamente l’autenticità della reliquia che iniziava ad agire quale presidio apotropaico contro i nemici della città, a cominciare dai pistoiesi, di cui contribuiva a respingere un attacco nel 1189.

A più riprese impiegata per allontanare occasionali pericoli, la reliquia avrebbe manifestato la sua volontà di restare in terra di Prato impedendo la riuscita di un furto orchestrato da un canonico della pieve stessa, Giovanni di ser Landetto detto Musciattino, il quale pagò coi supplizi più infamanti e infine con la vita il proditorio attentato al principale tesoro sacro della città. Numerose erano state, nell’Occidente medievale, le chiese che avevano rivendicato il possesso di cinture lasciate da Maria tra gli abiti vuoti dopo l’assunzione del suo corpo al cielo, ed uno di questi santi cingoli a suo tempo aveva costituito uno dei più venerati tesori della collezione imperiale bizantina. Il sacco di Costantinopoli nel quale si risolse la spedizione crociata del 1204 avrebbe riempito di reliquie le stive delle navi degli spregiudicati imprenditori delle repubbliche marinare italiane, contribuendo alla proliferazione di santi oggetti dalle origini più o meno incerte attorno ai quali andò addensandosi la «nostalgia» di Gerusalemme di un’Europa sempre più incapace del recupero militare del Santo Sepolcro e dei luoghi santi d’Oltremare. Spesso l’arrivo per vie oscure di una reliquia, al di là del problema culturalmente relativo della sua autenticità, attivò attorno a quell’oggetto carico di suggestioni e di evocazioni evangeliche l’orgoglio municipale e le sue forme di ostentazione, a cominciare della redazione di scritture celebrative capaci di esaltare il prestigio cittadino. A Prato questo compito memoriale fu assolto attraverso una prima redazione della leggenda di Michele ed infine dalla composizione, commissionata dalla pubblica autorità, di una vera e propria «laus civitatis», il Cincturale, col quale la storia della reliquia si fuse con le vicende politiche e culturali della città, giustificandone la natura di vero e proprio palladio municipale, simbolo internazionale della sua immagine assieme alle sue lane da esportazione ed alle lettere di credito inventate dai suoi banchieri. Grazie alla Cintola Prato poteva autorappresentarsi come «nova Jerusalem», esaltando, anche in assenza di riconoscimenti formali, la propria dignità sia nei confronti di Pistoia, sua matrice ecclesiastica, sia di Firenze, sua dominante politica.

Anna Benvenuti

Prato, la lipsanoteca del commendator Santini
Il nome è lipsanoteca (deriva dal greco e significa, alla lettera, «custodia di avanzi»). Luciano Santini (nella foto a destra) ama definirla così. In effetti parlare di «collezione» di reliquie sa di profano. Qui, invece, il sentimento è tutto sacro e sincero. Il «commendatore», come a Prato è conosciuto, è uno dei personaggi più caratteristici della città. Per anni consigliere comunale, a lungo governatore della Misericordia, è stato lui a ideare il ripristino, quarant’anni fa, del Corteggio storico, la manifestazione che, nella festa dell’8 settembre, precede l’Ostensione del Sacro Cingolo della Madonna. Chi vuol conoscere le antiche tradizioni pratesi, soprattutto quelle religiose, non ha che da chiedere al Santini. «Per i Santi – ci racconta – ho avuto fin da ragazzo una grande devozione. Li ho sempre visti come modelli di vita e come intercessori. Ora che sono anziano li sento ancora più vicini». Nello studio di casa, il «commendatore» ci mostra l’armadio che raccoglie più di duecento – «ma il conto non lo ho tenuto» – reliquie di santi. Ci sono oggetti di grande significato riguardanti le grandi figure legate a Prato – come una lettera di S. Caterina De’ Ricci o un fazzoletto del grande predicatore S. Leonardo da Porto Maurizio – o, per esempio, reliquie di grandi santi, a cominciare da San Francesco e Santa Chiara d’Assisi. C’è un pezzo della Cappa magna, cioè dello strascico, di San Carlo Borromeo, e uno della corda del saio di San Giuseppe da Copertino. Accanto a questi, decine e decine di piccole reliquie. «Le ho raccolte fin da giovane – ci spiega Santini – spesso recuperando reliquie e reliquiari dai mercatini dove erano finite dopo la grande “smobilitazione” nata da una malintesa interpretazione della riforma liturgica. Poi altre le ho ricevute in dono; molte, invece, le chiedo alle postulazioni delle cause di beatificazione e di canonizzazione». Non sempre rispondono, ma in molti casi il commendatore si vede recapitare a casa una reliquia. Davanti all’armadio di legno, sta fissa una poltrona. Accanto il breviario e libri spirituali. «Mi piace mettermi a pregare davanti ai miei santi», ci confessa.

Fonte - TOSCANA OGGI

martedì 8 gennaio 2008

The Encyclopedia of Religious Phenomena


The Encyclopedia of Religious Phenomena

by J. Gordon Melton

"J. Gordon Melton is a renowned authority on what academics call "New Religious Movements." His expertise with the arcane shines from the pages. . . . [T]his is an entertaining and fascinating look at an astonishing variety of ways that people experience belief."

The Dallas Morning News

"[Melton] gives readers interesting religious expressions and phenomena from Buddhism, Baha'I, Islam, indigenous faiths and Christianity. The result cannot help but be inspiring or alarming, depending on your understanding of true faith."

Reference & Research Book News

"Melton, a renowned authority on "New Religious Movements," takes on a broad range of topics: ectoplasm, the tomb of Christ, the Touro Synagogue in Rhode Island, Ouija boards and the Kumbh Mela festival in India. If you can't learn an interesting bunch of facts from this book, you must already have a doctorate on the topic."

The Modesto Bee

Visions of Mary and glimpses of GOD. Hundreds of people gather at a freeway underpass in Chicago to gaze at what mystified state police reported to be a salt stain but which the faithful said was an image of the Virgin Mary. People assemble in a parking lot in Milton, Massachusetts, and see an image of the Virgin Mary. Apparitions of Mary have been claimed in dozens, if not hundreds, of different locations and are part of a sharp increase in religious phenomena worldwide.

Based on more than 250 occurrences and extraordinary experiences that have served to lift believers out of the mundane world and place them in contact with a transcendental reality, The Encyclopedia of Religious Phenomena explores unusual and unexplained physical events, apparitions, and other phenomena rooted in religious beliefs. Alphabetically arranged, Religious Phenomena includes more than 100 illustrations.

Well-known religion expert, J. Gordon Melton takes readers on a tour that includes visits with angels, Marian apparitions (including Guadeloupe, 1531; Lourdes, 1858; and Fatima, 1917), and religious figures such as Jesus, the Buddha, Mohammad, and Tao Tzu. Melton reports on dreams and near-death experiences; feng shui and labyrinths; statues that bleed, drink milk, weep, and move; snake handling, speaking in tongues, and stigmata; relics, including the spear of Longinus and the Shroud of Turin; and sacred locales such as Easter Island, the Glastonbury Tor, the Great Pyramid, Mecca, and Sedona.

From sacred mountains, shrines and places of pilgrimage to visions, out-of-body travel, and holy laughter, The Encyclopedia of Religious Phenomena offers a balanced presentation of otherworldly phenomena: each entry includes a description of the particular phenomenon and the religious claims being made for it as well as a discussion of what a scientist might have to say about it. Transcending the mundane, the entries take no sides and make no arguments: the journey is the experience and the experience is the journey.

About J. Gordon Melton

Author J. Gordon Melton is a nationally known author, lecturer and scholar, best known for his work on religious cults. He is considered Americas senior scholar in the field of new and unconventional religions, having studied them for more than 25 years. He is a director of the Institute for the Study of American Religions and a research specialist with the Department of Religious Studies at University College, Santa Barbara. He has written a number of books on new and unconventional religions and maintains a foot firmly planted in the paranormal.